25Aprile2024

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Matteo potrebbe essere stato ucciso intenzionalmente. Sul cellulare del reo confesso una registrazione sconcertante

Potrebbe non essere stato un delitto d’impeto, né tantomeno un’estrema autodifesa, come l’assassino reo confesso ha sempre sostenuto, ma un omicidio volontario con una serie di aggravanti specifiche.
Sono sconcertanti, i particolari emersi nel corso delle indagini sull’omicidio di Matteo Barbalinardo, il 17enne di Marconia accoltellato da un ragazzo di poco più giovane il 18 maggio 2017, all’ultimo piano del cantiere di una palazzina in costruzione su via Duca D’Aosta, nella popolosa frazione di Pisticci.
Nei giorni scorsi, è stato notificato alle parti l’avviso di conclusione delle indagini, con la fissazione dell’udienza preliminare davanti al tribunale minorile di Potenza, per il prossimo 27 marzo.
Intanto, ieri Matteo avrebbe compiuto 18 anni e la famiglia ha organizzato a Marconia una messa commemorativa, con una fiaccolata per non dimenticare il drammatico episodio, che ha sconvolto la comunità. L’assassino in attesa di giudizio, è a piede libero dallo scorso 21 novembre 2017, per scadenza dei termini massimi di custodia cautelare in carcere. E’ accusato di omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e porto abusivo di arma da taglio.
Quel pomeriggio maledetto ha portato lui il coltello nella palazzina, dove è avvenuto l’incontro; un’arma da 17 centimetri, con 7 cm di lama, che durante la colluttazione fatale per Barbalinardo, sarebbe passato di mano in mano, ferendo entrambi i ragazzi.

ALMENO 5 COLTELLATE DOPO LA MORTE
Come hanno accertato le indagini, coordinate dal pm del tribunale minorile Carmine Olivieri, l’assassino avrebbe infierito più e più volte, anche sul corpo già senza vita di Barbalinardo, con almeno cinque coltellate inflitte dopo la morte del giovane.

LA REGISTRAZIONE AUDIO DELL’OMICIDIO E L’INTERROGATORIO DURANTE L’AGONIA
Il dato più sconcertante emerso dalle indagini, è una registrazione audio rinvenuta dagli inquirenti nella memoria remota del cellulare dell’assassino, che riproduce i lunghi minuti dell’agonia di Barbalinardo, con le disperate richieste di aiuto al suo assassino e la promessa disattesa di allertare i soccorsi.
Matteo è morto dissanguato per un micidiale fendente al cuore, dopo un’agonia di ben 15 minuti, durante i quali si rivolgeva disperato al suo assassino, chiedendo di aiutarlo ad alzarsi. Come si evince chiaramente dal file audio, partito alle 17:26:40 del 18 maggio, l’assassino avrebbe detto a Matteo di stare tranquillo perché aveva chiamato il 118, mentre continuava ad incalzarlo con strane domande sugli autori di non ben definiti traffici.
Un elemento, quest’ultimo, definito dalla pubblica accusa “un intollerabile stress” per la vittima già agonizzante.
Elemento giudicato come una crudele aggravante, al pari dei tagli e ferite giudicati “compatibili con attività di sevizie paragonabili a torture”, mentre Matteo supplicava aiuto.

LE STRANE FOTOGRAFIE NEL CELLULARE
Poi ci sarebbero delle foto, sempre rinvenute nel cellulare dell’assassino, su cui si è soffermata l’attenzione degli inquirenti. Scatti risalenti alla mattina del 18 maggio, alcuni dei quali riprendono il coltello utilizzato per l’omicidio, il suo fodero e dei sacchi neri per la spazzatura. Probabilmente si tratterebbe di immagini scattate già all’interno della palazzina.
Matteo, come testimoniano le indagini scientifiche sulla salma, è stato colpito da una serie di fendenti da lama e da punta su tutto il corpo, con la coltellata letale all’emitorace, dunque al cuore. Secondo quanto accertato dalle indagini, e questa rappresenterebbe un’ulteriore aggravante: l’assassino avrebbe colpito Matteo alle spalle ed ai glutei anche dopo l’agonia e la morte. Un delitto volontario, insomma, almeno secondo l’impianto accusatorio, anche e soprattutto perché l’assassino avrebbe certamente portato il coltello tirato fuori durante la colluttazione.
Confermata anche la notizia che l’omicida sarebbe rientrato a casa nel tardo pomeriggio di quel giorno, con le gambe avvolte nello stesso telo per l’edilizia con cui ha ricoperto il corpo di Matteo; questo perché, dopo aver subìto lui stesso un fendente alla coscia nella colluttazione, si sarebbe liberato dei suoi pantaloni insanguinati.
Non è ancora chiaro, invece, perché abbia spogliato la vittima, i cui vestiti sono stati in parte trovati in un sacchetto al piano inferiore della palazzina, mentre i pantaloni erano abbassati alla caviglia. Quest’ultimo particolare si potrebbe spiegare con un trascinamento del corpo post mortem, mentre per gli altri vestiti non c’è tuttora una spiegazione.

MOVENTE ANCORA POCO CHIARO
Resta nella nebbia il movente, mentre pare che l’assassino abbia dichiarato che la lite sarebbe scaturita dalla proposta di Barbalinardo di condurre una piantagione di Cannabis, che l’assassino avrebbe rifiutato scatenando la discussione, quindi la lite finita con l’omicidio. Elementi che si chiariranno in sede processuale, e se tutto ciò che è emerso dalle indagini dovesse trasformarsi in prova a carico del reo confesso, la sua posizione e le sue responsabilità nell’omicidio si aggraverebbero non poco.
Intanto la famiglia di Matteo, difesa dagli avvocati pisticcesi Amedeo e Roberto Cataldo, sta attendendo giustizia per il povero Matteo, che ieri avrebbe festeggiato i suoi 18 anni.

Antonio Corrado
pubblicato su Il Quotidiano del Sud

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