Il poliziotto di Pisticci tra i naufraghi della Costa Concordia
- Post 17 Gennaio 2012
Sulla foto in prima pagina de La Repubblica ieri è caduto più di qualche occhio, a corredo com'era del reportage di Adriano Sofri, primo pezzo dalla fine della pena. E fermandosi a guardare quel poliziotto che stringe un bimbo in una coperta, a Pisticci Scalo, diversi devono aver riconosciuto quell'uomo di 42 anni, che adesso rappresenta un po' il Paese, la sua parte migliore, quella che si è chiesta che cosa fare per aiutare i naufraghi della Costa Concordia. La nave, da ieri, è lentamente in movimento, con il mare mosso che rende ancora più difficile le ricerche dei superstiti. Sei i morti accertati, decine i dispersi, ancora tanta confusione sulle persone mancanti all'appello, sui nomi di chi - turista o lavoratore - era sulla crociera del terrore, compresi cinque lucani.
“Gli eroi? Lo sono anche i vigili del fuoco, e i sommozzatori che ancora non mollano”, cercando di dare un senso alle sempre più deboli speranze di trovare qualche sopravvissuto, mentre si lavora a mettere in sicurezza la nave e la scogliera dell'Argentario. Imperdonabile se il carburante macchiasse i fondali preziosi dell'isola del Giglio.
Eroi normali, però, pure loro, questi poliziotti che hanno accolto i naufraghi intirizziti e offerto assistenza. All'ottavo della mobile fiorentina, il reparto guidato dal dottor Azzarone, prestano servizio anche Enzo Tito, partito da Anzi, e Antonio Camaldo, originario di Lagonegro. Lucani trapiantati altrove, a darsi da fare come altri nell’emergenza. Faticatori, come si dice da queste parti, “umili, buoni. Noi lucani siamo così”.
Il bambino della foto? Ne ha presi diversi Giancarlo, per strapparli al gelo. “Ho un figlio piccolo anche io”.
Poi da lì, a gruppi, piano piano, i naufraghi hanno cominciato a dirigersi verso Grosseto, Roma, verso casa. Loro, quelli dell’ottavo della mobile, sono rimasti laggiù, a darsi il cambio. E mentre le ricerche continuano e la nave dorme ancora sugli scogli con la pancia aperta, resta una fotografia a raccontare di uno tra tanti eroi normali.
Sara Lorusso
Il Quotidiano della Basilicata
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