Ricordi storici in periodo di quarantena… di una storia che non si ricorda

Le foibe? ‘Molteplicità di doline tipiche in Istria’ spiegano le nostre più diffuse enciclopedie. E non aggiungono altro almeno fino a ieri. Del fatto che siano le tombe senza croci di migliaia di italiani, vittime della pulizia etnica slava, non si dice almeno fino ad un passato prossimo. Eppure è stata una storia contemporanea ad altre rovine ed altri massacri di cui si ricorda giustamente ogni dettaglio, si celebrano le vittime e si condannano i carnefici.
Su quanto accaduto tra il 1943 ed 1947, tra il 1953 ed il 1955 in quelle regioni un tempo italiane grava invece mezzo secolo di fragoroso silenzio a cui si è cercato da poco di porre rimedio, timidamente squarciato ma non abbastanza, per entrare nella memoria collettiva.
Un popolo intero sradicato dalla sua terra: la Venezia-Giulia. Il controesodo, pur nella sua cupa tragicità, non rappresenta che un rivolo controcorrente alla marea di italiani che la paura del comunismo di Tito, ma anche e soprattutto la ‘pulizia etnica’, spingevano in senso inverso. Se l’esodo di Pola impressionò più degli altri per la sua compattezza, già 150000 giuliani avevano cercato rifugio in patria e molti altri seguiranno questi italiani fino al raggiungimento di 350000 unità. Un popolo intero che abbandonava la propria terra per rimanere nel proprio Paese nel quale, paradossalmente, sarà considerato, se non proprio straniero, certamente un ospite non gradito.
I più recenti avvenimenti storici che hanno insanguinato l’ex Jugoslavia sollevando sdegno mondiale ed i grandi slanci di solidarietà verso i profughi bosniaci e kosovari negli anni 90, vittime della rinvigorita geopolitica di ‘pulizia etnica’ serbo croata, hanno riportato agli altari della cronaca il SIMILARE DRAMMA vissuto dai nostri compatrioti giuliani.
Mentre la Democrazia Cristiana esitava, ed i teorici della Sinistra ipotizzavano una società senza classi sociali e senza confini, chi difendeva quella parte di popolo italiano veniva osservato come afflitto da rigurgiti per il regime che aveva appena imperversato in Italia.
Alla fine la soluzione ‘provvisoria’ del nodo triestino ad opera del Presidente del Consiglio Giuseppe Pella che definitivamente fece registrare un nuovo grande esodo tra il 1953 ed il 1955, dopo il primo, con la creazione dell’ibrido sterile Zona A e la zona B nel famoso Memorandum che coinvolse anche gli alleati inglesi ed americani che prevedevano il passaggio della zona A al governo italiano. In quel momento, volenti o nolenti, per la saggezza popolare italiana, incoraggiati decisamente dagli attivisti slavi anche i contadini, operai e pescatori giuliani, ancora rimasti veementemente aggrappati al loro natio loco, scelsero di lasciare la loro terra.
 Infine le correzioni alla linea Morgan per permettere alla Slovenia uno sbocco al mare, Trieste che tornava per la seconda volta all’Italia. Non tornavano però l’Istria e la Dalmazia. Non tornavamo circa 300000 protagonisti di un esodo apocalittico che aveva spogliato la regione giuliana. In quelle terre strappate all’Italia restavano soltanto le tombe di migliaia di compatrioti sprofondati nelle foibe da una pianificata ‘pulizia etnica’ che per ben cinquanta e più anni storici e politici si sono ostinati a non vedere.
In questo periodo eccezionale per le note vicende che ci assalgono cominciamo a rileggere la storia, la storia degli italiani non dei vinti e non dei vincitori ma puramente e semplicemente la verità storica rileggendo magari gli storici come Renzo De Felice: ci servirà per essere italiani proiettati verso il futuro nella luce del grande faro che la Costituzione della Repubblica Italiana ci offre.

L.G. Caruso

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