20Aprile2024

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Il pathos di Metamorfosi. Dal Circus una proposta artistica di grande interesse

Si è conclusa da poco la quattro giorni di teatro messa in piedi dalla scuola Teatrolab presso la sede dell’Act-Circus di Pisticci con la regia dell’istrionico Daniele Onorati che ancora una volta stupisce. La reinterpretazione delle Metamorfosi di Ovidio, infatti, è coinvolgente e ben fatta grazie al valore degli attori e agli effetti scenici che, insieme al sapiente uso delle poche luci, hanno offerto un effetto magico.
Tanto per approfondire Le Metamorfosi sono un poema epico in esametri dattilici composto da Ovidio (43 a.C. - 18 d.C.) tra il 2 e l’8 d.C. e suddiviso in quindici libri (dopo l’Ars amatoria e le Heroides, costituiscono il testo della maturità del poeta). Si presentano come un’opera raffinata e colta, che attinge ad una sterminata cultura mitologica e letteraria (in primis, l’Iliade e l’Odissea) e si ispira alla poetica alessandrina, dagli Aitia di Callimaco (310 ca. a.C. - 240 ca. a.C.) alla poesia didascalica e mitologica. Una vera e propria enciclopedia, un archivio che raccoglie storie di miti, di trasformazioni, di amori e di violenze, di sofferenze patite dagli umani a causa dei capricci di dèi arroganti, egoisti e vendicativi.
Il termine principale di confronto letterario è tuttavia l’Eneide di Virgilio: al poema della fondazione mitica della gens Iulia Ovidio contrappone la mutevolezza e l’eterno divenire della metamorfosi e della fusione di umano e divino, di Storia e mito. Intreccio sempre più presente nelle interpretazioni del regista pisticcese che sta facendo del teatro una scuola di vita soprattutto per i giovanissimi, ma non solo. A tal riguardo è interessante ricordare che Vittorio Sermonti (traduttore di Ovidio) definisce l’opera di Ovidio come “opera dell’adolescenza”, identificando in quella fascia d’età così delicata e instabile “l’esperienza della mutazione in costanza di identità che ogni adolescente patisce affacciandosi sul mondo con uno sguardo continuamente intercettato da una miriade di specchi” (Sermonti, 2014: 14). L’esempio più scontato di tale cambiamento è Narciso: “un ragazzo diventa una sindrome che diventa un fiore, restando disperatamente l’io che era”.
È un dato, infatti, la funzione sociale del teatro e lo è altrettanto l’evoluzione che questa realtà sta subendo a Pisticci, nonostante difficoltà di ogni sorta.
Non bisogna dimenticare che le prime manifestazioni teatrali, legate a riti e a cerimonie religiose, sono nate tra i gruppi sociali primitivi quando qualcuno si è servito del proprio corpo per comunicare qualcosa agli altri e ha cominciato prima a mimare, poi a danzare davanti al gruppo. In seguito il teatro è diventato un legame sociale, un mezzo di conoscenza e anche uno specchio della società in cui si realizza.
Personalmente oltre alla realizzazione che mi ha convinto trovo il tema di grande attualità con spunti di riflessione profondi ed utili ad elaborare un approccio più aperto importantissimo in questi tempi troppo spesso pieni di odio. La metamorfosi come modo per affermare la libertà, per emanciparsi dai modelli predefiniti di una società anch’essa predefinita.
L’ispirazione dovrebbe venire dal fatto che tutta l’opera ovidiana è creata proprio sulla spinta di un approccio nuovo, all’insegna di un gioco dell’apparenza, dell’illusione; una letteratura che stravolge i canoni prestabiliti, che elimina i facili moralismi e che disegna la società di quel periodo. Poi c’è l’amore, il soggetto principale dell’opera, amore e trasformazione, gioco e seduzione, aspetti che allettano una moltitudine di esseri umani e che li aiutano ad interrogarsi sull’identità per poter realizzare la propria unica molteplicità.
Insomma le storie narrate hanno catturato l’interesse dei presenti che si sono immersi nel buio scenico e sono stati traghettati fino alla fine da gesti pieni pathos. A governare il tutto, l’idea di una leggerezza non vana e superficiale, ma frutto di stile ed intelligenza: bravi!

Leonardo Galeazzo