Il nuovo centro parrocchiale in Pisticci scalo. Seconda parte: I luoghi liturgici e le opere artistiche

Grazie alla forma triangolare del nartece, è possibile accedervi da nord-est, entrare in aula da nord e trovarsi il presbiterio a sud. La distribuzione dei luoghi liturgici vede il Santissimo Sacramento appena fuori il presbiterio a sinistra dei fedeli, a seguire l’ambone sul presbiterio ma proteso verso l’assemblea, l’altare al centro, la sede a destra sul muro concavo e, fuori dal presbiterio, il fonte battesimale. Di fronte ai fedeli tra le venti finestre centrali, è il Crocefisso. A completare i luoghi liturgici, il confessionale è a sinistra del vestibolo.
Al tempo stesso ara del sacrificio salvifico e tavolo del convivio pasquale, nell’unità del segno l’altare evidenzia i due elementi simbolici; dall’ara, ottenuta con pietra semigrezza e bordi sfrangiati (Mazzaro di Gravina), emerge la mensa del Signore in Mazzaro levigato; un blocco di Travertino persiano fa da trait d’union; a tergo dell’altare è il reliquiario cilindrico.
Simbolo del sepolcro vuoto e quindi della resurrezione di Cristo, l’ambone è una pietra (Mazzaro) spazzolata e ripetutamente traforata per rimandare ancora alla “Luce” che dall’interno si irradia verso i fedeli. Per evitare che impedisse la vista dell’altare o della custodia eucaristica dai posti in aula, il lettorino è in policarbonato trasparente che, inoltre, offre la suggestione del lezionario sospeso in “aria”.
La custodia del Santissimo Sacramento è stata rappresentata come un grande masso levigato di Travertino romano chiaro, sorta di “ …pietra scartata dai costruttori che è diventata testata d’angolo” come ricorda Marco (Mc 12, 1-12), ma è anche una grande stele la cui unica decorazione è la Croce solcata con il tabernacolo in acciaio al centro. Alla base, la Custodia si innerva al pavimento grazie ad un inserto in pietra Serena.
Il fonte battesimale in pietra “Bianco Diocleziano”, riporta onde informi e “burrascose” alla base che, in corrispondenza della vasca dell’acqua benedetta, si quietano e si ordinano. L’acqua cheta rimanda alla serenità che Dio, liberandoci dal peccato originale, infonde in noi al momento del battesimo. Di diametro 1 metro, evidentemente la circonferenza misura 3,14 m (pi greco), numero trascendente. Vicino sono il portacero e la custodia degli oli sacri anche in Bianco Diocleziano.
La sede è il luogo dal quale il sacerdote presiede la sacra liturgia con i fedeli che, riuniti intorno, concelebrano. Come suggeriscono le norme liturgiche, non è un trono ma una seduta dignitosa che merita rispetto.
A sinistra del vestibolo è il confessionale in cui i cristiani si riconciliano con Dio. Insieme al fonte battesimale che, quando lo spazio lo consente sarebbe opportuno collocare pure all’ingresso, è il luogo in cui i cristiani vengono mondati, purificati dai propri peccati.
Oltre a quanto sin qui esposto, vi sono altri simboli cristiani che evidentemente corroborano l’ambiente cultuale. Per evocare la “prima pietra”, nella buca dietro l’altare è il masso tufaceo dimensionato col metodo aureo; su di essa è inciso il tetragramma biblico, sequenza di quattro lettere ebraiche che compongono l’impronunciabile nome proprio di Dio (YHWH).
Uscendo, sul pilastro a forma di Tau è il pesce riportante la scritta : Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, simbolo segreto dei Cristiani durante le persecuzioni romane; sul grande masso esterno è la Croce greca. Pertanto, come in una sintesi essenziale, la sequenza ha inizio con Dio Padre e termina con il simbolo di Gesù che tutti riconosciamo, passando da quello dei paleocristiani.
Le quattro croci poste in aula sono auree, progettate anch’esse in ogni dettaglio come, del resto, tutto ciò che è stato prodotto, dai piedistalli lignei alla mensola del presbiterio per posare gli oggetti liturgici, dalle acquasantiere allo zoccolo in Travertino romano scuro che recinge l’aula, ecc.
Al di sotto di ognuno dei sei doccioni in Mazzaro che svettano dal muro convesso della chiesa, è una Croce con una lettera che insieme alle altre compone JESHUA, il nome di Gesù in aramaico che significa ”javè è salvezza”.
Sul muro del presbiterio all’aperto, è una lastra di pietra Melange di Poggiorsini con incise la Croce tra le lettere ALFA e OMEGA.
Il progetto liturgico è stato completato con l’apporto delle opere della maestra d’arte Marisa Gullotta, non nuova ad esperienze di questo tipo. Le otto formelle di bronzo sulla porta di ingresso, le quattordici formelle in ceramica della via Crucis e il Crocefisso in ceramica che campeggia sulla parete del “claristorio”, aggiungono sacralità al luogo e invitano alla preghiera.
Con le otto formelle di bronzo, la maestra Gullotta non ha inteso glorificare San Giuseppe attraverso la rappresentazione della sua vita; in assonanza tematica all’architettura, ha pensato di glorificarlo rappresentando il lavoro di uomini e donne che tutti i giorni invocano la sua protezione. Sono rappresentati otto momenti di lavoro, da quello svolto nei campi a quello nelle antiche officine, al lavoro industriale senza dimenticare quello domestico. La porta, impreziosita dagli otto bronzi, non può che immettere nel vestibolo dove è un altro segno cristologico inequivocabile: una croce ricavata nella vetrata di ingresso in aula che si armonizza sia alle due acquasantiere in Travertino romano scuro, sia alla via Crucis. Le quattordici stazioni della via Crucis in ceramica di colore beige – avorio su pannelli di Rovere (sbiancato e naturale), rappresentano le scene della Passione di Cristo con inconfondibile chiarezza e con tratti che “vibrano” al passaggio della luce. A grandezza naturale, il Crocefisso in ceramica di colore beige – avorio e superfici levigate, campeggia sull’aula liturgica dalla parete concava. L’effetto della luce che, entrando dalle finestre sembra provenire dal Crocefisso, rimanda con ulteriore significato alle citate parole di Giovanni: “Dio è luce e in lui non ci sono tenebre”.
Un grazie sincero soprattutto all’ingegnere Raffaele Marra e a Giovanni Battista Castellucci che hanno seguito e condiviso i lavori sin dall’inizio; grazie agli ingegneri Dario De Luca e Angelo Vaccaro per la redazione del progetto strutturale e infine un ringraziamento alle numerose maestranze dell’impresa D’Alessandro s.r.l. che, a vario titolo, hanno preso parte ai lavori.

Renato D'Onofrio

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