29Marzo2024

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In ricordo dell'avvocato Luigi Salomone

Quando qualcuno ci lascia, siamo tutti propensi più del solito a tesserne le lodi.
In questo caso non è così; non c'è nessun particolare sforzo ad animare il mio intento di raccontarvi di Luigi Salomone; nessun particolare impulso a determinare la mia volontà di parlarvi di colui che per me, prima e al di sopra di ogni cosa, era un uomo per bene; qualità non sempre così scontata nel mondo forense, ma che Luigi Salomone, l'avvocato Luigi Salomone, poteva sicuramente vantare con verace ed autentica fierezza.
Ebbene sì, l'avvocato Luigi Salomone era un uomo per bene, una persona dai principi saldi, dedito alla famiglia ed alla professione forense come pochi ne ho conosciuti; un professionista al quale – per i giovani e per i meno giovani – era un piacere ed un onore rapportarsi, per “trovare il cavillo”; è così che diciamo in gergo noi, gente del Foro!
Ma non solo. Luigi Salomone era un Avvocato di altri tempi, di quelli che per la toga avevano combattuto e faticato e, conoscendo il significato di un così grande sacrificio, la onoravano davvero e ne facevano un baluardo, un principio ispiratore, un’idea che non avrebbero mai tradito.
Gli era stato da poco conferito il massimo riconoscimento per l’avvocatura, quello della Toga d'oro; un'onorificenza che pochi uomini di legge hanno l'onore e soprattutto la fortuna di ricevere, dopo cinquant'anni di iscrizione all'albo; quasi un dono che arriva dopo un lunghissimo percorso, a volte in salita, altre volte in piano; un cammino che porta in cima alla vetta delle proprie prospettive e consente di godere, dall'alto del traguardo raggiunto, della consapevolezza che le cose si risolvono anche con una stretta di mano, permettendo ed agevolando l’incontro di contrapposte posizioni, mediando tra interessi che sono, agli occhi dei più, impossibili da conciliare e che solo la grande esperienza e le competenze di lungo corso riescono a “mettere d’accordo”.
Aveva deciso di abbandonare l’avvocatura dopo aver conseguito la sua Toga d’oro e di cancellarsi dall’albo; ricordo che, quasi presa dallo sconcerto, gli chiesi perché mai avesse preso una tale decisione. “Pensare di avere cinquant’anni di professione alle spalle e sapere che anche domani sarò nella condizione di recarmi in un palazzo di giustizia per patrocinare in una causa mi fa sentire troppo vecchio!”.
Quanto mi rispose aprì in me un conflitto di pensieri che è ancora in corso e che, onestamente, non so proprio in che maniera risolvere; a mente fredda credo che volesse impartirmi un grande insegnamento, quello per cui si è avvocati per attitudine, per vocazione, per indole e per amore della propria professione; a prescindere dal fatto che si rappresenti un numero di tesserino o che il nostro nome compaia all’interno di un albo.
Penso che volesse semplicemente dirmi che era felice di quello aveva fatto, di quanto aveva conseguito, di ciò che era stato il suo percorso professionale e che era arrivato il momento di dedicarsi ad altre cose; era giunto il tempo in cui poteva serenamente coltivare le sue innumerevoli altre passioni, quelle diverse dall’avvocatura, quelle che lo rendevano un cultore dell’arte e della scrittura, quelle che gli consentivano di illuminarsi perché era riuscito nella difficoltosissima impresa di ricostruire integralmente il suo albero genealogico, quelle che facevano di Luigi Salomone un eclettico.
Mi mancheranno molto le volte in cui mi chiedeva di ingrandirgli una fotocopia perché diceva che “doveva guardarci bene”, alludendo piuttosto alla qualità di ciò che leggeva che al carattere dello stampato.
Ricorderò sempre con grande tenerezza gli incontri fortuiti durante le sue passeggiate nella strada di casa mia; a pensarci bene non gli ho mai neanche chiesto perché passeggiasse così spesso nella stessa via, se lo facesse perché camminare – si sa! – fa bene alla salute, o perché più semplicemente fosse una delle tante cose che gli piaceva fare. Sono sempre stata tentata di scoprire quale fosse la ragione, ma ogni volta ho desistito dal rivolgergli la domanda, perché mi sembrava violare l’intimità dei suoi pensieri, quelli nei quali si perdeva guardando lontano nei suoi ricordi, ogni volta, attraverso i vetri dietro i quali, tempo fa, c’era un Amico a cui voleva un bene sincero.
Il mio saluto in questo giorno va a Lui, anche se non può sentirmi, o forse si, chi può mai saperlo?!
A sua moglie, la compagna di una vita, ed ai suoi figli posso solo dire che la più bella cosa che da Luigi hanno ricevuto in dono e della quale hanno il dovere di fare tesoro è la grande eredità umana che ha lasciato loro, un’eredità fatta di persone e di affetti che proprio attraverso di loro manterranno vivo il suo ricordo; che li ameranno e li stimeranno perché rappresentano le sue scelte e delle sue scelte il frutto; che scorgeranno sempre in loro un pizzico di ciò che è stato Lui.

Alessandra D'Angella