Anche il giorno dopo l’eccezionale incendio dell’agosto 2012 lo stato d’animo della comunità e della sua politica non era tanto diverso. “Mai più”, “Mai più”. O se volete “Mo basta”, che poi racchiude la stessa speranza. Le fiamme avevano divorato gran parte della pineta piantata alle pendici di Pisticci, dalla Basentana alle Varre e fino quasi alla valle del Cavone. Un disastro che compromise anche la funzione mitigatrice dei fenomeni erosivi garantita dal bosco. Sembrava quasi che la piantumazione di nuovi alberi dovesse iniziare quando le fiamme ancora ardevano. Venne fuori un progetto comunale da 40 milioni di euro, pure pubblicizzato in un convegno. Poi le ceneri si raffreddarono come l’indice di priorità dell’emergenza-urgenza e ad oggi la questione è del tutto irrisolta. Il progetto resta lì, non finanziato, non attuato, nonostante, dicano, sia modulare, ovvero si potrebbe fare un po’ per volta. C’è di più: abbiamo dovuto segnalare fino alla noia con la nostra testata online il pericolo rappresentato da alcuni alberi secchi, che si affacciavano sul ciglio della strada, con il rischio di rovinare sulle auto. La rimozione è avvenuta tardi e male, se è vero che solo pochi giorni fa uno di questi alberi si è abbattuto sulla provinciale. Nessun incidente, per fortuna. Poteva andare peggio e può ancora andare peggio con gli alberi tuttora pendenti a ridosso dei guardrail. Non hanno fatto nemmeno la messa in sicurezza dei tronchi arsi, figuriamoci a quale livello di utopia corrisponda il pensiero di veder ripiantato un bosco. Ciò che è bruciato, è bruciato e chi s’è visto, s’è visto. Tutto dimenticato. Tutto archiviato.
Da alcuni giorni quello stato d’animo particolare, quel senso di rabbia che invoca soluzioni immediate e definitive, che trasuda la speranza di un vero cambiamento, è tornato ad aleggiare sulla comunità pisticcese, colpita da crolli minacciosi, che rischiano di avere conseguenze più ampie di quanto la fase acuta del fenomeno stia indicando. Non sappiamo se questa volta, davvero, non sarà come le altre. Certo i precedenti non sono incoraggianti. Sono recenti ed i non risultati sono sotto gli occhi di tutti. Chiedere altro tempo è un lusso che non ci possiamo permettere, lo impone l’oggettività delle urgenze. Piuttosto qualcuno, a proposito di tempo, ci dica perché, puntualmente, ai bei proclami nel caldo delle emergenze non riesce a far seguire azioni concrete. Non appaia come un poco elegante invito, ma in tutta onestà, fossi un amministratore di questo Comune, oggi sarei così frustrato da valutare seriamente l’ipotesi di passare la mano. Ma sono un cittadino ed ho il dovere di guardare a quello che fanno i cittadini. Ed a dire il vero fanno poco. Non partecipano, si disinteressano dei problemi più seri della comunità, sono individualisti, non sanno esercitare pressione sulle istituzioni, non controllano, spesso non denunciano e al massimo ti danno una pacca sulla spalla invitandoti ad andare avanti (proprio tu, caro cittadino che stai leggendo adesso, non il lettore che verrà dopo di te). Il problema di Marco Scerra non è un problema degli abitanti di Marco Scerra (e sarebbe già un successo che restino compatti e determinati). E’ assurdo che sia percepito così. Oggi dovremmo essere tutti abitanti di Marco Scerra, ma non lo siamo affatto. E così facendo abbiamo già perso, come abbiamo perso nel post alluvione di Marconia. Siamo gli stessi perdenti. Ci scivola tutto addosso e non facciamo niente. Perdiamo il territorio in cui viviamo, il valore economico delle case in cui investiamo, le prospettive di futuro per noi e per le prossime generazioni. Sono beni di valore così inestimabile che non possiamo ritenere logico continuare a delegarne i destini a chi ci amministra, che in parte è bloccato dalle difficoltà pur comprensibili di questi tempi così duri, in parte divide competenze e funzioni con organi sovraordinati sordi e assenti, in parte non brilla per spirito d’iniziativa e per efficacia dell’azione.
Il timore che tutto passi, di nuovo, anche questa volta, e che tutto resti immutato, ha purtroppo questo genere di fondamenti. Un amico transitato nella zona dei crolli mi confidava una strana sensazione: “Già sembra che questa storia si sia verificata 40 anni fa”. E non erano passate manco 40 ore.
Roberto D'Alessandro