Il Tribunale ha, dunque, rilevato la piena correttezza della condotta della società, difesa dagli avvocati Andrea Sirotti Gaudenzi di Cesena e Filippo Vinci di Policoro, annullando così il sequestro dell’ingente quantitativo di imballaggi e disponendone la restituzione agli aventi diritto.
Il Tribunale di Matera, in composizione collegiale, ha ritenuto che non vi fosse alcun elemento di illiceità nella condotta della società romagnola, la quale commercializza legittimamente le fragole della varietà vegetale nota con i nomi di “Sabrosa” o “Candonga”, coltivate in Basilicata.
L’Autorità giudiziaria, accogliendo integralmente le tesi dei legali della società romagnola ha ricordato che il caso non riguardava alcuna contraffazione alimentare, ma semplicemente una questione (priva di alcun rilievo penale) legata all’utilizzo dell’espressione “Candonga” in fascette presenti nelle vaschette di trasporto delle fragole. Del resto, così come evidenziato nel corso delle operazioni condotte dalla Polizia Giudiziaria, tutte le fragole oggetto di commercializzazione da parte dell’impresa romagnola appartenevano alla varietà vegetale nota come “Sabrosa” o “Candonga” e, come tali, venivano commercializzate regolarmente dalla società che da anni acquista la propria merce esclusivamente da soggetti che producono tali fragole nel Metapontino. Non si comprende, quindi, come alcuni organi di informazione abbiano utilizzato espressioni gravemente lesive quali “contraffazione” o fragole “taroccate”, dato che i prodotti che sono stati al centro dell’indagine erano riconducibili esclusivamente alla nota varietà vegetale e erano frutti provenienti dall’area metapontina.
Alla società romagnola, infatti, non era stata mossa alcuna contestazione in merito all’integrità e alla qualità della merce, appartenente alla nota e apprezzata varietà coltivata in Basilicata. Infatti, il sequestro aveva riguardato esclusivamente gli imballaggi, dato che gli stessi presentavano una indicazione che, secondo la Compagnia della Guardia di Finanza di Policoro, poteva porsi in contrasto con i diritti dei titolari di alcuni marchi. Ma il Tribunale di Matera ha ritenuto l’assoluta correttezza della attività della società romagnola e la inopponibilità dei marchi contenenti l’espressione “Candonga”, dato che questo è il nome di una varietà vegetale.
Il Tribunale ha annullato il sequestro proprio perché ha rilevato che la parola “Candonga” –di per sé- è priva di qualsiasi elemento distintivo e, pertanto, non può costituire un valido marchio, dato che l’espressione contraddistingue le fragole di quella varietà vegetale.
Non si condividono, quindi, le tesi del tutto infondate di chi, affidandosi a comunicati stampa, addirittura connotati da toni che sembrano più adatti ad accompagnare cronache giudiziarie in cui le proprie tesi risultino vincenti (e non sonoramente bocciate, come in questo caso). Proprio su questo punto, colpisce quanto affermato dai rappresentanti di una società del Metapontino, che hanno parlato di una «calata dei barbari» a proposito della legittima attività svolta dalla società romagnola, che –riservandosi ogni azione a tutela della propria immagine nelle opportune sedi- investe ingenti somme di denaro per valorizzare appieno un prodotto originario della Basilicata ed esportato in tutto il territorio nazionale.
Quindi, si prende atto che taluno, invece di ringraziare le società provenienti da altre regioni d’Italia che abbiano deciso di effettuare importanti investimenti nel Metapontino, valorizzando così gli agricoltori locali, ha deciso di dichiarare una guerra assolutamente anacronistica e infondata, che rischia di minare seriamente la credibilità dei produttori del settore e omette di colpire i veri contraffattori dei prodotti di qualità.