25Aprile2024

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‘Le parole sono pietre’: alcune considerazioni dei consiglieri di minoranza dopo la replica del sindaco Verri

La violenta reazione che il Sindaco Verri ha avuto in relazione ad un “normalissima” interrogazione che i consiglieri di opposizione hanno protocollato sul tema della concessione dei contributi inerenti i danni dell’alluvione 2013, merita alcune repliche e precisazioni:

- nessuno, con l’interrogazione in questione, ha inteso esprimere, insinuare o, nemmeno, pensare che dietro la deliberazione censurata vi fossero dei comportamenti scorretti e / o illeciti da parte di alcuno dei componenti della Giunta (ivi incluso il vicesindaco Ricchiuti). Se così fosse stato infatti non si sarebbe utilizzato lo strumento dell’interrogazione consiliare per porre il problema, bensì si sarebbe potuto ricorrere ad altre procedure;

- probabilmente agli Amministratori in carica sfugge la distinzione – che ci insegnano gli esperti di cose giuridiche - tra illegittimità e illiceità. Nel nostro caso è stata sollevata una questione di illegittimità di un atto (cioè di non conformità di quell’atto allo schema tipico previsto dalla legge) e non già di illiceità di un comportamento (ovverosia di una condotta contraria alla legge, fonte di responsabilità personale, eventualmente anche di natura penale);

- l’iniziativa, nell’ottica di un’opposizione costruttiva, rispondeva in realtà ad un intento collaborativo nei confronti dell’istituzione comunale e di tutela del bene comune. Infatti, si è segnalato il rischio (per non dire la certezza!) che un atto amministrativo, da cui peraltro derivavano benefici a favore di alcuni cittadini, potesse essere viziato sotto il profilo della legittimità, e, di conseguenza, fosse esposto ad iniziative giudiziarie (ricorso al TAR?) volte ad ottenerne l’annullamento. D’altro canto se gli Amministratori fossero stati così convinti della legittimità dell’atto di Giunta in questione perché poi tornare a deliberare evitando proprio quelle situazioni vizianti che sono stato denunciate nell’interrogazione?

- venendo al merito della censura: denunciare l’esistenza di un conflitto di interessi (e nella situazione in questione il conflitto c’era tutto!) non equivale ad affermare che in concreto il portatore dell’interesse potenzialmente conflittuale abbia esercitato il suo potere per perseguire l’interesse privato e non quello pubblico (altrimenti questo si chiamerebbe “abuso di ufficio”). Il punto è che non serve che il conflitto potenziale diventi attuale e concreto perché l’atto risulti viziato. Il dovere di astensione dalla discussione e dalla votazione infatti sussiste per il semplice fatto che un conflitto (anche solo potenziale) c’è. E il sottrarsi a detto dovere finisce fatalmente per invalidare l’atto. E’ un’illegittimità formale posta tuttavia a tutela di interessi sostanziali. Infatti, il dovere di astensione degli amministratori vale a preservare anzitutto la credibilità dell’Amministrazione e la fiducia degli amministrati nell’Istituzione. Scatta, perciò, in relazioni a situazioni di semplice pericolo che, avuto riguardo al particolare oggetto della decisione da assumere, appaiano anche solo potenzialmente idonee a mettere a rischio l'assoluta imparzialità e la serenità di giudizio degli amministratori. Peraltro ciò senza che abbia alcuna importanza che, in concreto, la votazione non possa avere altro esito, o che, la scelta effettuata risulti la più utile, la più vantaggiosa e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico;

- si continuano a ribadire poi le perplessità già esposte riguardanti il profilo della competenza. Infatti, trattandosi di un atto, quale quello di approvazione di una graduatoria concorsuale, che attiene alla gestione amministrativa, avrebbe dovuto essere adottato dal dirigente e non dalla Giunta;

- quanto infine alla richiesta di visione ed acquisizione degli atti procedimentali, è si vero che i consiglieri comunali godono di un amplissimo diritto ad accedere agli atti dell’Amministrazione, ma è pure vero, che per poter concretamente esercitare tale diritto occorre pur sempre presentare un’istanza, una richiesta agli Uffici che detengono i documenti. Una cosa cioè è la sussistenza del diritto altro sono le concrete modalità di esercizio dello stesso. Per cui non si comprende davvero cosa ci fosse di così strano e scandaloso nel formulare una richiesta di accesso agli atti.

Fatte tali doverose precisazioni riguardanti il merito della vicenda, si deve tristemente osservare come la parte più preoccupante del tutto riguarda proprio la reazione degli amministratori.
L’interrogazione poteva anche non essere condivisa nei suoi contenuti, ma, nelle varie repliche postate su siti ufficiali e meno ufficiali, sono state usate parole e frasi che sembrano rivelare una suscettibilità e una permalosità inopportune per chi si ritrova a ricoprire una carica pubblica.
Così si è parlato di: “fango”, “illazioni”, “becero e squallido terrorismo politico”,“politici falliti”, “vecchi manipolatori”,“ochette starnazzanti social impegnate”, “ignoranti”, “presuntuosi”.

Si tratta di un tale florilegio di offese che, con buona pace dell’immagine di moderazione costruita intorno all’Amministrazione, potrebbe costituire un inquietante segnale di intolleranza rispetto alla critica, alla richiesta di chiarimenti, al dubbio e a tutte quelle forme di dissenso che rappresentano l’essenza stessa di ogni dinamica democratica.
Quanto è avvenuto sembrerebbe essere una piccola ma preoccupante spia di un atteggiamento che, partendo da un complesso di superiorità morale, finisce per mostrare insofferenza nei confronti di chiunque osi contraddire, di chiunque osi disturbare l’azione salvifica dell’uomo della provvidenza.
Dando il là all’aggressione verbale ed esponendo perciò il dissidente alla lapidazione della piazza virtuale. Augurandoci sinceramente di sbagliare, non dovremmo mai dimenticare che, per usare una frase del buon Carlo Levi, “le parole sono pietre”. Pietre che spesso possono ferire come e più dei sassi veri.

I consiglieri di minoranza