23Aprile2024

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Centro Agricolo, vie intestate ad ex confinati alla presenza dei familiari

In tempi incerti, come quelli degli ultimi mesi, in cui il rispetto della Costituzione è sotto la lente di ingrandimento dei cittadini, ricordare quanti in passato si sono spesi per i diritti oggi riconosciuti dalla Carta fondamentale dell'Italia ispirandosi agli ideali di democrazia e libertà, non può che diventare anche un monito nei confronti di una classe politica la cui credibilità è sempre più spesso minata.
Mercoledì 24 marzo, nel giorno in cui la Basilicata è stata sconvolta dagli arresti di due assessori ed un consigliere regionali, a Centro Agricolo l'attualità ha ceduto per un attimo il passo alla storia, nel ricordo degli antifascisti che furono internati nella Colonia confinaria del regime. Alla vigilia del 25 Aprile, in cui ricorre il sessantottesimo anniversario della Liberazione della Nazione, pattuglie di scolaresche, sventolanti bandierine tricolori, hanno fatto da cornice alla cerimonia con cui l'Amministrazione comunale ha ufficializzato l'intestazione di vie del piccolo centro abitato ad alcuni fra i 1700 antifascisti che tra il 1939 e il 1943 transitarono nella colonia confinaria di Pisticci.
E' toccato al professor Giuseppe Coniglio, al tavolo dei relatori insieme alle istituzioni – il sindaco Vito Di Trani, il vicesindaco Domenico Albano e gli assessori Francesco D'Onofrio e Antonio Sassone - raccontare brevemente le loro storie, dopo aver annunciato che Centro Agricolo sarà oggetto di una prossima pubblicazione della casa editrice Mondadori. C'era il principe Andrea Filippo Doria Pamphilj, divenuto primo sindaco di Roma dopo la liberazione, mandato al confino per aver scritto una lettera in cui consigliava al re Vittorio Emanuele III di non assecondare il Duce. Faceva da chierichetto nelle messe clandestine celebrate dal sacerdote Francesco Maria Giua e alloggiava nella sacrestia della chiesetta costruita dagli stessi confinati. Tra evidenti crepe e muffe, forse oggi il piccolo edificio conserva ancora un affresco raffigurante l'Ultima cena, realizzato dal pittore Noradino Zapparoli, il quale decise di dare a Gesù il volto del Duce e agli apostoli quello dei membri del Gran Consiglio del Fascismo.
Il pittore Edoardo Chendi, invece, per mantenersi, dipingeva i ritratti delle pacchiane di Pisticci. Altri artisti furono mandati in quello che, dapprima, era stato concepito come campo di lavoro per addetti agli interventi di disboscamento e bonifica di Bosco Salice e poi, allo scoppio della guerra, fu trasformato in vero e proprio campo di concentramento. Tra questi, Pompeo Borra, poi divenuto direttore dell'Accademia di Belle Arti di Brera, e Achille Dal Lago, vicino agli insegnamenti del futurismo, che aveva il suo studio pittorico a Marconia, dove oggi ha sede l'associazione Cecam.    
Ad ascoltare questi racconti, pieni di commozione e orgoglio, c'erano anche i familiari di alcuni confinati, come il nipote del medico antifascista Roberto Ponticelli, successivamente internato a Mathausen, il figlio del partigiano Ante Kardos e i nipoti di Odoardo Voccoli che, all'indomani della liberazione, divenne prima sindaco di Taranto e poi Senatore nelle prime due legislature della neonata Repubblica italiana. Titti e Francesco, figli di Ribelle Voccoli che pure fu confinato per alcuni anni a Centro Agricolo dove si occupò della contabilità del cantiere, ricordano che “da piccoli non ci raccontavano le favole, ma la realtà. Abbiamo sentito tante volte nominare questo posto, ma è la prima volta che ci veniamo. Per noi è un'emozione molto grande, soprattutto perché ne abbiamo sempre sentito parlare bene, per lo meno rispetto ad altri luoghi simili in Italia”.
Pupillo di zio Voccoli, oltre che mascotte del campo, era il giovane Domenico Giannace, all'epoca carrettiere per l'impresa Pastore col compito di fare la spola tra Pisticci e Centro Agricolo. Il dirigente regionale dell'ANPPIA ha portato la sua testimonianza, aggiungendo dettagli importanti ad una storia le cui pagine sono ancora quasi tutte da sfogliare.
Tanti i nomi ricordati durante la cerimonia che, oltre alla sua valenza commemorativa, potrebbe avere interessanti sviluppi in futuro se si iniziasse a sviluppare un progetto di valorizzazione dal punto di vista turistico. La proposta di creare un Museo della Memoria, caldeggiata anche dal Presidente del Cseres, Pietro Simonetti, sembrerebbe andare in questa direzione.

Marika Iannuzziello