24Aprile2024

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Da Bernalda alla Serie A: la carriera arbitrale di Emanuele Frangione

Spesso le attenzioni mediatiche si concentrano sugli atleti e sugli sportivi che rendono le domeniche di milioni di italiani avvincenti e appassionanti; tuttavia, sul campo corrono anche altri protagonisti dello sport, gli arbitri.
Per sfatare questo tabù e dare voce anche a questi sportivi che affrontano con determinazione e coraggio l'appuntamento sportivo, ecco un esponente prestigioso della classe arbitrale, rigorosamente lucano: Emanuele Pino Frangione è originario di Bernalda e ha appena appeso il fischietto al chiodo per il raggiungimento dei limiti di età dopo aver diretto centinaia di partite nel professionismo tra Serie A e Serie B di calcio a 5. "Sono rammaricato per la conclusione della mia carriera arbitrale- racconta Frangione - avrei potuto continuare ancora, ma l'AIA ha deciso così e accetto con serenità la disposizione. Fare l'arbitro è una forma mentis che acquisisci con il passare del tempo: non si nasce arbitri, ma una volta che lo sei diventato lo sei per sempre, perché diventa un vero e proprio stile di vita che va al di là della singola manifestazione sportiva".

Come è nata la passione per il mondo arbitrale?

Sono stato positivamente influenzato in questa scelta dalla presenza della sezione arbitrale a Bernalda e ho iniziato quasi per gioco con un mio amico attraverso un membro dell'Azione Cattolica locale che fungeva anche da responsabile della sezione del mio paese. Essendo fortemente appassionato di calcio, era il mio modo di partecipare attivamente a questo fantastico sport.

Quale è la partita che non dimenticherà mai nella sua carriera arbitrale?

La finale scudetto Under 21 tra Scafati e Pesaro Fano, la gara che senz'altro rimarrà al centro di questa meravigliosa esperienza.

Secondo lei, come le società sportive e i settori giovanili possono concretamente aiutare i direttori di gara?

Essendo cresciuto dal punto di vista arbitrale tra la sezione di Lecce e Bernalda, credo che ci sia molto da fare perchè l'arbitro continua ad essere considerato come un nemico, soprattutto nel Sud Italia. In realtà l'arbitro è un figlio e come tale deve essere trattato; poi, man mano che cresce diventa un padre, un fratello, una persona normale che partecipa ad un gioco. Se si riuscisse a capire questo, sono certo che lo sport in generale ne trarrebbe innumerevoli vantaggi. In questi anni di esperienza arbitrale in Veneto, ho notato una maggiore propensione a comprendere ed aiutare i direttori di gara. E' un vero peccato che qui questa mentalità fatichi ad affermarsi qui da noi, soprattutto perché sarebbe un modo molto interessante di crescere insieme.  A 17 anni ricordo di essere stato aggredito fisicamente qui in Basilicata e la cosa che fa più male è che la gente non riesce a capire che l'arbitro cerca di applicare delle regole senza avvantaggiare nessuno.

Perchè ha scelto di arbitrare nel calcio a 5?

E' stata una decisione obbligata perchè in Puglia mi hanno messo davanti ad una scelta: o continuare a fare l'assistente nel calcio a 11 oppure passare al calcio a 5. All'inizio ho fatto entrambe le discipline perché questa opzione era possibile, poi mi sono orientato verso il futsal, una novità nel panorama sportivo nazionale e che mi permetteva di arbitrare in prima persona. Credo sia una disciplina che si stia evolvendo molto in fretta, nonostante la crisi che attanaglia ogni ambito sportivo.

Cosa si sente di dire a quei ragazzi che si avvicinano alla carriera arbitrale?

Il mio consiglio è molto semplice: accedere con entusiasmo e voglia in gruppo sano come quello degli arbitri, un gruppo di amici ancor prima che di professionisti: io, facendo parte di questo fantastico mondo, posso annoverare tra le mie amicizie Angelo Cervellera, Marco Di Bello, Emanuele Prenna e tanti altri arbitri che frequentano gli stadi più importanti d'Italia, ma, a prescindere dai nomi, essere arbitro ti da la possibilità di conoscere tanta gente. La concorrenza nel mondo arbitrale è una concorrenza sana e ti forma in maniera positiva come uomo e come professionista. Io ho iniziato a calcare i primi campi a quindici anni: a quell'età riuscire a condurre un match e tenere a bada giocatori e dirigenti è un bel modo di crescere e diventare grandi.

Quale è il pregiudizio sugli arbitri che più le da fastidio?

Un pregiudizio davvero insopportabile è giudicare l'arbitro come prevenuto nei confronti di una squadra o di un giocatore: l'arbitro è un essere umano e quindi sbaglia. Se si capisse un concetto così elementare, ne gioveremmo tutti. Questo deve essere chiaro sia ad alti livelli che in quelli più bassi, dove tutti devono crescere e mantenere i piedi per terra. I più giovani devono rimanere umili, devono scendere in campo per divertirsi e per formare una mente che ragione e che rispetta non solo l'avversario, ma anche l'arbitro. Solo con questi ingredienti crescono campioni veri.

Quali sono stati i momenti più difficili della sua carriera in cui si è sentito offeso più come uomo che come arbitro?

Un episodio particolare che riporto spesso ai miei amici è quando ho reagito male ad un genitore che offendeva una mia collega con epiteti squallidi e lesivi del suo essere donna. In quell'occasione non sono riuscito a controllarmi, anche perché la ragazza, oggi assistente di Serie D nazionale, ebbe una crisi di pianto e reagii passando dalla parte del torto. Ci rimasi molto male, così come quando un arbitro perse l’udito nel corso di un aggressione a San Paolo di Bari: episodi che fanno riflettere.

Vede un suo futuro nell'AIA?

Questo è un periodo molto particolare per me e sto cercando di trovare la mia dimensione. Chi termina la carriera arbitrale può diventare osservatore e non mi dispiacerebbe questo compito perché vorrei aiutare i giovani arbitri che si affacciano a questo difficile mestiere come altri hanno fatto con me.

Emanuele Pino Frangione, nonostante la sua residenza in provincia di Verona per motivi professionali, è rimasto legato alla sezione del suo paese proprio per dare lustro ed importanza al movimento arbitrale lucano e ha concluso la sua prestigiosa carriera da direttore di gara lo scorso aprile a Treviso con il derby di Serie A2 tra Gruppo Fassina e Came Dosson. Nonostante la fine della sua carriera, il fischietto lucano continuerà senz'altro a dare il suo contributo nella crescita del movimento arbitrale, dopo aver portato il nome della sua terra in giro tra i principali teatri del calcio a 5 nazionale.

Andrea Cignarale