Stop alle auto private nel servizio di guardia medica, stante il sostanziale nulla di fatto da parte della Regione Basilicata. Dal 15 novembre, infatti, alcuni medici lucani di continuità assistenziale (le ex guardie mediche) non si recheranno più al lavoro, nelle sedi di competenza, con il proprio mezzo: qualcuno lo ha già comunicato alle Aziende Sanitarie di appartenenza, altri probabilmente lo faranno a breve. Il braccio di ferro con via Anzio, dunque, torna a salire di livello.
Come è noto, i medici di continuità assistenziale contestano la doppia decisione della Regione Basilicata che ha dapprima sospeso la corresponsione delle cosiddette indennità di rischio e poi, a fine settembre, preteso addirittura la restituzione delle somme percepite a tale titolo dai medici, per il periodo 2012-2016.
In attesa di capirne di più e, soprattutto, di comprendere se la protesta si allargherà e come le Aziende Sanitarie risponderanno, il servizio di guardia medica potrebbe andare incontro a fortissime criticità. Se i medici, infatti, rifiuteranno di prendere la propria auto per recarsi al lavoro, a quel punto le Aziende non avranno scelta: dovranno giocoforza mettere a disposizione dei professionisti auto aziendali, pena il rischio di non poter assicurare il servizio. Il problema, però, è che così facendo (cioè mettendo a disposizione auto aziendali) i costi per Asp e Asm potrebbero lievitare a dismisura: in teoria, infatti, nel caso la protesta raggiunga tutti i centri lucani, potrebbe essere necessario mettere a disposizione 131 auto. Nella pratica, è facile prevedere che saranno molti di meno i medici aderenti, anche se, al momento, come ha confermato Maria Teresa Bochicchio, della Cgil Sanità, “sono già quasi una ventina i paesi interessati dalla protesta, a partire dal prossimo 15 novembre”.
A cosa è dovuto questo innalzamento del livello di protesta? “Stante il nulla di fatto da parte della Regione Basilicata per quanto riguarda le indennità di rischio, che già da maggio non vengono percepite, si è deciso di dare corso al blocco delle auto: i medici, cioè, hanno preannunciato alle Aziende di appartenenza la indisponibilità ad usare le proprie auto nell’esercizio del servizio. Voglio ricordare che le indennità di rischio servivano anche a coprire il disagio che i medici hanno nell’uscire a qualsiasi ora e condizione climatica, a prescindere dal rimborso carburante che viene comunque percepito”.
Voi lamentate la scarsa sicurezza nell’esercizio delle vostre funzioni? “Sì, perché purtroppo non c’è sicurezza né dentro, né fuori le sedi. Ricordiamo che il medico esce da solo e che c’è prevalenza di medici donne, le quali si garantiscono la sicurezza portando con sé mariti, fidanzati, padri o fratelli. Pertanto, si è deciso di dire basta a questa situazione, tenuto anche conto che i vari tavoli susseguitisi si sono risolti con una grossa presa in giro”. Questo stop sarebbe dovuto partire da oggi. “Sì – ha confermato Bochicchio – ma si è voluto attendere l’esito dei vari incontri e l’abbiamo rinviato al 15 novembre. Preciso che al momento i comuni interessati sono una ventina, ma i medici che hanno aderito sono di più: in alcuni centri, infatti, c’è più di un medico di continuità assistenziale”.
Le indennità oggetto di contestazione sono quelle relative ai rischi derivanti dalla peculiarità del servizio svolto (quattro euro ad ora); all’usura della macchina per eventuale utilizzo del proprio automezzo (cinquanta centesimi ad ora); all’assistenza resa alla popolazione in età̀ pediatrica (0-14): anche in questo caso cinquanta centesimi all’ora.
“Si tratta – ha spiegato Maria Teresa Bochicchio – di somme percepite in modo legittimo, essendo previste da un accordo tra le parti e da un contratto: in tal modo, con la richiesta di restituzione, viene completamente annullato l’accordo del 2008. Al momento i medici percepiscono l’onorario professionale, che è identico a quello che nelle altre regioni è riconosciuto ai nostri colleghi per uscire a fare le visite con l’auto aziendale e l’autista”. Insomma, potrebbe quasi configurarsi una sorta di disparità di trattamento. Ma la Bochicchio ha ribadito che la protesta nasce soprattutto per caldeggiare il tema della sicurezza. “Nelle sedi della nostra regione non viene garantita la sicurezza. Ci sono numerosi episodi di cronaca non solo fuori regione, ma anche in Basilicata.
Qualche anno fa un episodio spiacevole si verificò a Miglionico, ma sono tanti quelli che non vengono neanche a galla, così come sono numerose le aggressioni anche solo verbali, delle quali non si parla”. I medici, quindi, chiedono maggiori tutele. E, soprattutto, che le Azienda Sanitarie forniscano l’ausilio di un’auto (stante la sopravvenuta indisponibilità dei professionisti all’utilizzo delle proprie) e anche la presenza di un autista. Solo così si può efficacemente assicurare lo standard minimo di sicurezza necessario non solo alla loro incolumità, ma anche allo svolgimento sereno e professionale del servizio.
Piero Miolla
pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno