29Marzo2024

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«Togliamoci l'amianto dalla testa». Reportage da Grassano e Tricarico

A Tricarico e a Grassano due autentiche bombe ecologiche incombono sulla vita di migliaia di persone: la fabbrica manifatturiera dei “Fratelli Sileo”, e soprattutto l’opificio Ila di Tricarico.
Centinaia di tonnellate di cemento-amianto, risalente alla fine degli anni ’60, stanno mettendo a repentaglio la salute dei cittadini di quel lembo di Basilicata, nel sostanziale disinteresse di chi dovrebbe controllare e far rispettare le leggi dello Stato.

La fabbrica dei “Fratelli Sileo”, ubicata a pochi metri dal centro storico di Grassano, è stata aperta alla fine degli anni sessanta e chiusa alla metà degli anni ’80. Il capannone, circondato da alberi sempreverdi, mostra i segni del tempo.
E’ lì da 40 anni con le sue tegole in cemento-amianto che mostrano un’evidente usura.

I cittadini e il locale rappresentante dell’Aiea (Associazione italiana esposti amianto) da tempo ne chiedono la rimozione: sono preoccupati, temono il rilascio delle micidiali e cancerogene fibre d’amianto. In agro di Tricarico fa bella mostra di sé l’Opificio Ila, aperto negli anni ’60 e chiuso all’inizio degli anni ’90. A pochi metri dal capannone un cartello della Provincia di Matera invita a non gettare rifiuti “lungo le strade”.

Si intima al viandante, o forse alle mucche podoliche che pascolano ignare in un campo minato, di rispettare l’ambiente. Guardo il cartello, e sulla bocca del gruppetto che mi accompagna si disegna un sorriso amaro: a pochi metri centinaia di tonnellate di amianto vecchio di almeno 40 anni incombono sulle nostre teste.

A quale mente perversa può essere venuta l’idea di mettere proprio lì quel cartello a mo’ di sberleffo ?

Una volta entrati all’interno dell’opificio ci troviamo in territorio nemico: decine e decine di metri quadrati di eternit a pochi metri da campi coltivati a grano, le mucche pascolano all’interno del piazzale e tocca fare lo slalom per evitare spiacevoli incidenti.
Una pistola carica di morte puntata alla tempia di una comunità.
Mario Murgia, presidente dell’AIEA, tuona contro l’umana incoscienza e le mappature che non ci sono, mentre Andrea mi indica un impasto di merda e amianto.


La fabbrica dovrebbe essere stata sequestrata dall’autorità giudiziaria, ma dei sigilli nessuna traccia.

A quasi 20 anni dalla messa al bando, non c’è obbligo di rimuovere i materiali contenenti amianto se gli stessi sono in buono stato e non c’è pericolo di dispersione delle fibre nell’ambiente. Ma se è pur vero che non esiste obbligo di rimozione, è altrettanto vero che esiste un obbligo di denuncia e conservazione, e che in base al Decreto Ministeriale del 6 settembre 1994 i proprietari e gli amministratori hanno l’obbligo di attuare un “programma di controllo e manutenzione”.

In una pubblicazione scientifica intitolata “Erosioni delle coperture in cemento amianto”, pubblicata nel 1991 dal bimestrale meneghino “La Medicina del Lavoro”, il Prof. Girolamo Chiappino e la dott.ssa Ida Venerandi scrivono che “ lo studio microscopico di campioni di coperture in cemento amianto, esposti agli agenti atmosferici per tempi variabili da 2 mesi a oltre 15 anni, ha dimostrato che fenomeni corrosivi con liberazione di fibre iniziano dopo pochi mesi, sono abbastanza evidenti dopo pochi anni e divengono imponenti tra 5 e 10 anni ”.

Le coperture in eternit della fabbrica dei “Fratelli Sileo” e dei capannoni dell’opificio Ila risalgono agli anni ’60!!!

In tutto il mondo sono oltre 1.300.000 le persone vittime dell’amianto - tra premorienze e invalidanze gravi - e solo nel nostro paese che è stato tra i maggiori utilizzatori di amianto in Europa si registrano 4000 morti ogni anno.
La respirazione di fibre di amianto può determinare malattie diverse, tutte caratterizzate da un lungo intervallo fra l'inizio dell'esposizione e la comparsa della malattia.
Questo intervallo, chiamato "tempo di latenza", è in genere di decenni. Secondo l’ufficio Internazionale del lavoro, sono oltre 120.000 i decessi causati, ogni anno, da tumori provocati dall’esposizione all’amianto. Sul nostro territorio nazionale sono presenti ben 32 milioni di tonnellate di amianto.

Chi cerca una risposta al fatto che in Basilicata l’incidenza delle malattie tumorali continua a crescere, può trovare risposte a Grassano, a Tricarico e in tutta la Val Basento. Ci auguriamo che al più presto chi ne ha le competenze imponga l’immediata rimozione di coperture in eternit in evidente stato di degrado. Associandoci alla richiesta formulata dall’AIEA, chiediamo alla regione Basilicata il completamento delle mappature amianto su tutte le categorie di ricerca, la conseguente bonifica di “tutti i siti sia pubblici che privati” contaminati da amianto.