24Aprile2024

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Maria Rita D'Orsogna in Basilicata, chi trova il petrolio non trova un tesoro

“Ritengo non esista una percentuale di royalty in grado di legittimare le attività di estrazione petrolifera e tuttavia non credo sia realistico ipotizzare che le compagnie che attualmente sfruttano i giacimenti di idrocarburi in Basilicata possano abbandonare tali attività”. Così, incalzata dalle domande del pubblico, Maria Rita D'Orsogna, docente presso il Dipartimento di Matematica della California State University di Northridge, ha sintetizzato il suo punto di vista sulla questione petrolio di cui si è discusso ieri nella Sala conferenze della Mediateca provinciale di Matera.     
“Petrolio, tra miti e falsità” è il titolo del convegno organizzato dal Movimento 5 Stelle di Matera e da Ola (Organizzazione Lucana Ambientalista), al quale hanno preso parte, fra il pubblico numeroso, anche il Consigliere del Comune di Pisticci, Roberto Cammarota, il segretario della Lista dei Cittadini, Gaetano Giannace, il sindaco di Craco, Lacicerchia, e alcuni rappresentanti di associazioni materane sensibili alle tematiche ambientali. Perché il petrolio, in Basilicata, non si estrae solo in Val d'Agri; perché il Centro Olio non esiste solo a Viggiano.     
A Serra Pizzuta, tra i calanchi pisticcesi, l'Eni è titolare al 100% di una concessione di coltivazione che occupa un'area di 62,55 kmq al cui interno ricadono 4 pozzi, di cui 2 a produzione di olio greggio trattato presso la centrale di raccolta e trattamento denominata “Pisticci Olio” (Fonte: www.unmig.sviluppoeconomico.gov.it). Secondo i dati pubblicati oggi sul sito della Regione Basilicata, dall'inizio dell'anno qui sono stati estratti 2.027 barili di greggio. Nella stessa pagina dovrebbero essere riportati i valori di alcune sostanze inquinanti, misurati per monitorare la qualità dell'aria e dell'acqua nella zona, ma tali informazioni risultano non disponibili. Tra questi, il diossido di zolfo, il diossido di azoto e il monossido di carbonio, ma non è su tali sostanze che si è concentrata l'attenzione della professoressa italo-americana, al suo quinto viaggio nella Basilicata petrolizzata.     
Recentemente premiata col prestigioso riconoscimento di “Ambasciatore della Natura 2012”, nella sua relazione D'Orsogna si è soffermata soprattutto sui rischi derivanti dall'immissione in atmosfera dell'idrogeno solforato, sostanza fortemente velenosa la cui tossicità è paragonabile a quella del cianuro. Ciò sarebbe possibile durante tutte le operazioni di trattamento dei prodotti petroliferi, ma il rilascio avviene soprattutto durante il processo di idro-desulfurizzazione a cui viene sottoposto l'olio greggio per essere purificato dallo zolfo, la cui presenza lo rende fortemente corrosivo a danno degli oleodotti. La necessità di procedere a questo pre-trattamento dell'olio greggio negli stessi luoghi di estrazione è legata alla sua qualità e, secondo l'indice internazionale API, quello lucano non sarebbe uno dei migliori.     
Il petrolio estratto in Basilicata è amaro, ovvero ricco di impurità e saturo di gas sulfurei, e pesante, dunque più difficile da lavorare per ottenerne i derivati quali la benzina. La parentesi sull'idrogeno solforato è servita ad introdurre un altro aspetto non trascurabile dell'affaire petrolio, quello relativo ai limiti stabiliti dalla legge per l'immissione di sostanze inquinanti derivanti dall'attività di estrazione, trattamento e stoccaggio: da una comparazione con la realtà americana, l'Italia risulterebbe un vero e proprio far west, al punto da essere appetibile per molte compagnie petrolifere. Eppure, dal canto loro, le Regioni avrebbero potere di intervento come dimostrano i casi della Sicilia e dell'Abruzzo dove sono state approvate normative più restrittive rispetto a quella nazionale.  
Al termine della serata, dopo aver toccato anche il tema dei fanghi e fluidi utilizzati per la perforazione dei pozzi, dopo aver documentato con numerosi studi i fenomeni della sismicità indotta e della subsidenza provocati dalle attività petrolifere e dopo aver mostrato foto di incidenti avvenuti in tutto il mondo, con sversamenti di petrolio ed esplosioni di pozzi e piattaforme, la domanda se gli idrocarburi portino ricchezza certo risulta irrilevante e, se riferita ad una regione come la Basilicata, recentemente definita dall'Istat come la più povera d'Italia, anche retorica. Proposte? Informarsi e informare e valutare i margini per una class action, ma qualcuno nel pubblico fa notare che il mancato aggiornamento del Registro dei Tumori in Basilicata rende impossibile un'ipotetica quantificazione del danno.
Intanto, secondo l'ultimo Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi e delle Georisorse (BUIG n°12 del 31/12/2011), ad oggi sarebbero 12 i permessi di ricerca in terraferma accordati sul territorio lucano. All'uscita dalla Mediateca, un manifesto incollato sul pavimento di piazza Vittorio Veneto recitava: “Card idrocarburi? No grazie”.

 

Marika Iannuzziello