28Marzo2024

Download Template for Joomla Full premium theme.

Deutschland online bookmaker http://artbetting.de/bet365/ 100% Bonus.

Online bookmaker bet365

Trent’anni di veleni. La testimonianza agghiacciate di un inquinamento selvaggio

“Questa storia deve finire: la zona a ridosso della Mythen è altamente inquinata e va chiusa. Nel sottosuolo hanno trovato un cocktail di veleni come accertato dall’Omega, società specializzata nel settore”. A parlare è Armando Napoletano, ex guardiano della Soldo, da circa 30 anni in Valbasento e quasi da altrettanti in guerra con il “sistema” che, a suo dire, comprende aziende, industrie ed anche la politica locale. La sua casa confina con l’opificio della Mythen, azienda che produce biodiesel ed è in una fase di grandi difficoltà economiche, tanto che le maestranze sono in cassa integrazione. Napoletano ha 10 figli e vive in una sorta di “comunione” con l’inquinamento: prima la Irs e poi la Mythen, infatti, hanno da sempre caratterizzato le sue giornate e quelle dei suoi familiari con fumi e scarichi vari, odori nauseabondi e miasmi che colpivano gli occhi e la gola. Ad essi, ovviamente, vanno aggiunti i “doni” delle tante altre aziende che in questa zona martoriata hanno prodotto più danni che benefici. In tanti anni ha girato circa 200 video e scattato tantissime foto: nel suo album personale ci sono testimonianze agghiaccianti di un inquinamento selvaggio che interessa non solo il Basento, ma anche il sottosuolo che, si è scoperto, è stato letteralmente “farcito” di schifezze di vario genere.
L’ultima scoperta ufficiale in ordine di tempo è quella venuta fuori nel corso di una conferenza di servizi tenuta a Roma, nella sede del Ministero, sulla querelle della pista Mattei: sotto la lingua di asfalto sulla quale dovrebbero atterrare aerei carichi di turisti o di prodotti pregiati dell’agricoltura del Metapontino, ci sono due discariche di rifiuti tossici e nocivi. Non che non si sapesse, ma ora c’è l’ufficialità.
Per Napoletano, però, quella del sottosuolo inquinato non è una novità, così come non lo è l’inquinamento del Basento e dell’aria: in alcuni video visionati si vede chiaramente ed in momenti diversi il Basento invaso da sostanze non meglio identificate che, provenendo da uno scarico, rendono l’acqua piena di bollicine e schiuma bianca. Il letto del fiume, poi, è stato sostanzialmente invaso da una sostanza nera che somiglia molto agli idrocarburi: Napoletano, in uno dei suoi video, a fronte di un’acqua che sembra cristallina smuove il fondo e si alza una polvere nera. La sua personale storia con l’inquinamento inizia con lo sbarco in Valbasento, circa 30 ani fa: Napoletano, infatti, non è tale solo per il cognome, ma anche per le sue origini ed, arrivato da Napoli, trova lavoro alla Soldo. Pian piano inizia a rendersi conto che ci sono tante cose che non vanno. Quando la Mythen non esisteva, lì c’era la Irs (Industrie Resine Speciali), in attività dal ’90 al ’96, che trattava sostanze come acroleina, acido acrilico e cloridrico: sostanze cancerogene, con effetti anche a lungo termine. Prima ancora, in zona, c’erano state la Liquichimica e la Materit: tutte fabbriche chiuse che hanno prodotto morti ed inquinamento.

BOLLE SU TUTTO IL CORPO. “HO RISCHIATO DI MORIRE”
- Acidi solforici, arsenico, mercurio e monossido di mercurio: questo c’è nell’area diaframmata che contiene gli scarti della ex Liquichimica, e non solo, nella zona industriale di Ferrandina. “Sotto mia insistenza – ha sostenuto Napoletano – si decise di effettuare una bonifica con del terreno cosparso su queste sostanze, coperto da un telo di plastica doppia: essa, però, non ha dato i risultati sperati anche perché c’è stata una manomissione successiva ed alla fine le sostanze finivano nel fiume. Anche su questo ho le prove ed ho prodotto decine di denunce rimaste senza esito anche perché nessuno si è degnato di venire in loco a verificare se quello che io sostenevo trovasse riscontro. Spesso – racconta – quando noi chiamavamo le forze dell’ordine perché vedevamo cose incredibili, arrivava qualcuno dopo 2, 3 ore, quando ormai i responsabili avevano avuto tutto il tempo per rimediare”.
Armando Napoletano, però, s’infervora ancor di più quando racconta un episodio vissuto, in tutti i sensi, sulla sua pelle. “Un giorno, come tutte le mattine, mi recai al fiume che dista pochi metri da casa mia. Mi accorsi che dalle fogne chimiche, costruite in precedenza e che non hanno mai funzionato, che collegano Pisticci al torrente Vella ed arrivano nei pressi del ponte per Matera con la funzione di immettere liquidi nel depuratore mai attivato, usciva dell’acqua ad una pressione talmente esagerata che il tombino di ghisa ne risultò scoperchiato. C’era un puzzo terrificante e, d’accordo con mia moglie, mi recai a fare una videoripresa munito di tuta e guanti per non entrare in contatto con quel liquido. Risultato? Dopo qualche giorno fui letteralmente cosparso di bolle su tutto il corpo: il mio medico sostenne che si trattava di un’orticaria da intossicazione chimica e rischiavo di morire. Qui fanno di tutto: per questo bisogna controllare”.
LA SINDROME DI DOWN - Armando Napoletano ha 10 figli, 2 dei quali affetti dalla sindrome di down: a suo giudizio sono nati così perché la moglie, quando era in attesa, ha respirato le esalazioni provenienti dalla Irs, l’Industria Resine Speciali, che tra il ’90 ed il ’96, occupando circa 50 dipendenti, lavorava sostanze come pvc, cloruro di vinile, acroleina, acido acrilico e cloridrico e produceva l’acrilonitrile, un prodotto tossico che presenta rischi per la salute se inalato, ingerito o portato a contatto con la pelle. “Ci accorgemmo che, all’epoca, uno dei miei due figli down quando respirava le esalazioni provenienti dalla Irs sbatteva sistematicamente a terra e gli venivano delle crisi. In un primo momento non sapevamo a cosa addebitare l’evento. Quando, però, ci siamo resi conto che queste puzze pestifere continuavano e prendevano alla gola anche noi facendoci sentire male, siamo andati a fondo: ho iniziato ad indagare anche con l’ausilio di videocamere”.
Lei sostiene che i due figli siano nati con la sindrome di down per colpa delle sostanze lavorate dalla Irs? “Sì, ed ho anche fatto causa all’azienda. Prima di procedere abbiamo fatto fare la mappa cromosomica, sia a me che a mia moglie, dalla quale è emerso che siamo entrambi non portatori di queste patologie: certo – precisa Napoletano - ci può essere sempre una prima volta, ma io ho sempre avuto il sospetto che la nascita dei bimbi down fosse da attribuire a quelle esalazioni che prendevano direttamente il cervello perché qui la puzza era impressionante e non si poteva stare”.
Come è finita? “La causa l’ho persa: il magistrato nella sentenza ha spiegato che non c’era nesso di causalità tra le esalazioni e la nascita dei bimbi anche perché nessuno ha voluto testimoniare in giudizio. Per questo penso che ci siano state pressioni forti per non farmela vincere”.

L’INDUSTRIA IN VALBASENTO TRA BOOM E FALLIMENTI - La storia della Valbasento inizia il 29 luglio del ’61 quando, alla presenza dell’allora presidente del consiglio Amintore Fanfani, del ministro dell’Industria Emilio Colombo e del presidente dell’Eni, Enrico Mattei, venne posta la prima pietra per la costruzione dello stabilimento Anic di Pisticci, che nella seconda metà degli anni ’60 avrebbe dato lavoro a circa 6mila persone. Poi furono realizzati impianti anche a Ferrandina. Nel ’78 i primi venti di crisi, con un una grande mobilitazione dei chimici della Valbasento che per 15 giorni presidiarono piazza Barberini, a Roma. Ne seguì un massiccio ricorso alla cassa integrazione. Nel 1987, poi, vi fu un accordo di programma per la reindustrializzazione, che prevedeva di rioccupare circa 3mila lavoratori: rivisto nel ‘94, portò all’intesa istituzionale ed al “Bando Valbasento”, che riutilizzò somme già stanziate e non spese. Nell'ultimo bando, di 34 milioni di euro regionali, sono state finanziate 12 nuove aziende. Oggi è un’area povera di iniziative industriali ed a rischio desertificazione: vi lavorano non più di 700 persone, gran parte ammortizzati, mentre i segni dell’inquinamento sono notevoli.

 

Piero Miolla
pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno