Governo Renzi alla conquista del west. Su petrolio Regioni imbavagliate e mari a rischio
- Post 26 Settembre 2014
Gli ambientalisti osservano che, nonostante le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Matteo Renzi al Summit ONU sul cambiamento climatico del 23 settembre sulla necessità di impegni precisi per tenere sotto controllo la febbre del Pianeta, l’Italia stenta a definire una roadmap per la decarbonizzazione. Punto di riferimento delle politiche governative è ancora la SEN- Strategia Energetica Nazionale - mai sottoposta a Valutazione Ambientale Strategica, nella quale viene presentata una stima di 15 miliardi di euro di investimento (un punto di PIL!) e di 25 mila nuovi posti di lavoro legati al rilancio delle estrazioni degli idrocarburi in Italia. Sono gli stessi dati che vengono ancora oggi usati dal Governo Renzi.
Ma è da tempo noto che il nostro petrolio è poco e di scarsa qualità. Secondo le valutazioni dello stesso ministero dello Sviluppo economico ci sarebbero nei nostri fondali marini circa 10 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe, che stando ai consumi attuali, coprirebbero il fabbisogno nazionale per sole 8 settimane. Non solo: anche attingendo al petrolio presente nel sottosuolo, concentrato soprattutto in Basilicata, il totale delle riserve certe nel nostro Paese verrebbe consumato in appena 13 mesi.
Ci sono 7 buoni motivi per chiedere l’abrogazione dell’art. 38 del decreto legge 133/2014, perché le disposizioni in esso contenute:
1) consentono di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche ad una intera categoria di interventi senza individuare alcuna priorità; 2) trasferiscono d’autorità le VIA sulle attività a terra dalle Regioni al Ministero dell’Ambiente; 3) compiono una forzatura rispetto alle competenze concorrenti tra Stato e Regioni cui al vigente Titolo V della Costituzione; 4) prevedono una concessione unica per ricerca e coltivazione in contrasto con la distinzione tra le autorizzazioni per prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi del diritto comunitario; 5) applicano impropriamente e erroneamente la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di Impatto Ambientale; 6) trasformano forzosamente gli studi del Ministero dell’Ambiente sul rischio subsidenza in Alto Adriatico legato alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in “progettisperimentali di coltivazione”; 7) costituiscono una distorsione rispetto alla tutela estesa dell’ambiente e della biodiversità rispetto a quanto disposto dalla Direttiva Offshore 2013/13/UE e dalla nuova Direttiva 2014/52/UE sulla Valutazione di Impatto Ambientale.
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