Fanghi inquinati o semplice argilla? Sul ‘caso’ Cavone pareri discordanti. Le analisi richieste potranno chiarire

I lucani hanno sviluppato una forte sensibilità ai temi ambientali. Costretti a passare di emergenza in emergenza e di minaccia in minaccia, allarmati da numeri e statistiche, poco rassicurati da certe istituzioni che appaiono ora sorde ora silenti e spesso discontinue, animati da una comprensibile diffidenza, provano a difendersi denunciando evidenze a volte imbarazzanti, ma anche i semplici dubbi e le perplessità che originano dall’osservazione di alcuni fenomeni. A rendere sempre più diffusa e capillare questa moderna propensione alla denuncia, oltre ad un contesto fertile, è l’utilizzo dei social network, un potentissimo megafono, certamente facilitatore di una partecipazione utile, marcata e numerosa che, a volte, deve tuttavia fare i conti con l’istantaneità di un impulso genuino ed estremamente semplificatore rispetto alla verità di fatti che, almeno in alcuni casi, richiedono valutazioni più ponderate ed approfondimenti specifici.

BASENTO, A VOLTE RITORNANO - Il territorio di Pisticci è abbastanza avvezzo alle dinamiche della denuncia. I social ed il circuito mass mediatico locale raccolgono da tempo le numerose segnalazioni di cittadini preoccupati. I casi ci sono, le segnalazioni pure. C’è un sistema che, comprensibilmente, è pronto a scattare come una molla di fronte ad un dubbio, ad uno scempio, ad un olezzo. Al netto di alcune banalizzazioni è una reazione comprensibile, soprattutto perché appare come l’unica forma di tutela.
Nella casistica continua a rimanere centrale la grande questione valbasentana, un’area vasta in perenne attesa di bonifica ed in cui terra e fiume pagano dazio alle attività industriali e connesse del passato e del presente. Quella dei miasmi, poi, è stata una lunga storia. Un capitolo lasciato quasi in sospeso, per una situazione comunque più tollerabile nel 2015, anche se non molti giorni fa una puzza insopportabile era tornata a farsi sentire. Un cattivo odore, non di idrocarburi stando a diversi riscontri olfattivi, si era diffuso soprattutto il 29 ed il 30 aprile sia nella zona residenziale che lungo il percorso del fiume. Un cattivo odore si poteva percepire, il primo maggio, anche alla foce del Basento. Cos’è accaduto? Da dove ha avuto origine il fenomeno? Per quali ragioni si è scatenato? L’episodio, che meriterebbe di essere approfondito, è indicativo di una sofferenza tuttora presente in quella parte del territorio.

C’E’ UN CASO SUL CAVONE? - Negli ultimi giorni, tuttavia, le attenzioni sono state rivolte all’altro fiume pisticcese, il Cavone, ed al tratto di mare che spumeggia nei pressi della sua foce. Alcuni profili social hanno richiamato l’attenzione sulla presenza di una massa scura nei primissimi tratti di mare, il sistema dei media ha cercato di approfondire con dei sopralluoghi. Basilicata 24, testata giornalistica online nota per la sua attività di denuncia, ha diffuso un video, la Gazzetta del Mezzogiorno ha ripreso la notizia. L’ipotesi più preoccupante fa sponda con i timori di ritrovarsi in presenza di un corpo non naturale, che sprigiona una sostanza scura, che sporca di “nero” al semplice contatto dopo aver imbrattato l’ambiente circostante. Qualcosa di simile è stato scovato anche sotto la sabbia risalendo lungo l’argine del Cavone. Ma il caso, al momento, sembra avere dei contorni sfumati e si basa su riscontri empirici non sufficienti a dire una parola definitiva. L’idea che, per ragioni tutte da comprendere, possa esserci una presenza di petrolio su quel tratto di spiaggia si affianca all’ipotesi che si tratti semplicemente di argilla. Sempre la Gazzetta cita tecnici recatisi sul posto che, pur in assenza di riscontro scientifico (per quelli occorrerebbe fare delle analisi), propenderebbero per una soluzione rassicurante del caso, spiegato appunto con il decorso delle argille verso il mare per ragioni del tutto naturali. Più che nero petrolio, quella colorazione sarebbe tendente al grigio ed al blu, una cromatura tipica dell’argilla. Le prime impressioni portano, stando alla ricostruzione della Gazzetta, ad “escludere che quelle macchie nere fossero veri e propri resti di fanghi derivanti da idrocarburi”. C’è dunque una propensione per l’argilla che chiuderebbe il caso, ma questa posizione si regge su osservazioni sul campo ed esclusivamente esperienziali. Non basta per essere rassicurati.

IL SOPRALLUOGO DI PISTICCI.COM - Come redazione abbiamo visitato anche noi l’area compresa fra la foce del Cavone ed il vicino tratto di mare. La zona, che in parte coincide con quella sulla quale rimasero non bonificate per lungo tempo le risultanze delle piene dell’inverno 2013, alle quali poi ignoti ritennero di dare inopinatamente fuoco, non presentava cattivi odori così come i cumuli immersi in mare. Questi agglomerati prendevano colorazioni grigio – azzurre, le stesse riscontrate rimuovendo la sabbia in alcuni punti lungo la sponda sinistra del Cavone. Il contatto con le sostanze non presentava caratteristiche di viscosità. Al primo impatto c’è stata una sensazione quasi di familiarità con un fenomeno presente nella zona almeno dai tempi della nostra infanzia, purtroppo ormai lontana. Queste le nostre impressioni anche se non possiamo ritenere esaustiva la nostra visita né tanto meno fermarci ad una interpretazione empirica dei fenomeni, peraltro in una tempistica differente rispetto ai sopralluoghi fatti nei giorni precedenti.

ANALISI PER CHIARIRE - Per come sviluppatasi e per il clamore che ha creato, la vicenda richiede un pronunciamento ufficiale da parte delle autorità competenti in materia. Nella zona foce Cavone, che è un’area di pregio naturalistico, ed in parte della spiaggia di Pisticci, che peraltro è bandiera verde dei pediatri per essere a misura di bambini (e non bandiera blu come erroneamente circola in alcuni post social), i cittadini hanno il diritto di sentire una parola definitiva e certa sulla presenza di fanghi di colorazione scura, parte in mare e parte sedimentati sotto la sabbia. Fanghi che qualcuno teme possano essere di derivazione petrolifera ed altri ritengono essere un fenomeno naturale connesso alle dinamiche dell’argilla, peraltro presente in zona praticamente da sempre, come pure il confronto con frequentatori abituali di quei luoghi sembra suggerire. Resta anche da capire l’impatto odorigeno: secondo qualcuno quei fanghi hanno manifestato un cattivo odore e secondo altri non lo hanno manifestato affatto.

Solo un percorso scientifico appropriato potrà dirimere la questione e portarla fuori dal campo delle ipotesi, tanto più molto differenti sulla scorsa dei riscontri empirici connessi ai diversi momenti dei vari sopralluoghi effettuati.

INTERROGAZIONI IN REGIONE E COMUNE - Ad interessare i livelli istituzionali di regione Basilicata e comune di Pisticci sono due interrogazioni, diffuse negli ultimi giorni. La prima reca la firma del consigliere regionale M5S Gianni Perrino ed è indirizzata al presidente Pittella per chiedere “quali azioni e quali provvedimenti il Presidente della Giunta Regionale e l’Assessore regionale all’Ambiente intendano prendere - con l’urgenza imposta dalla gravità della situazione esposta in premessa e di concerto con l’ARPAB - al fine di: o accertare la natura e le cause dell’inquinamento in oggetto; o ove l’inquinamento in oggetto fosse accertato a:  procedere a bonificare adeguatamente e a ripristinare accettabili condizioni ambientali della foce del fiume Cavone e della spiaggia di San Basilio di Pisticci; salvaguardare e tutelare la salute della popolazione interessata nonché dei turisti, anche in considerazione dell’ormai imminente stagione turistica”. Nella premessa, Perrino aveva citato “notizie di stampa (articolo pubblicato da Basilicata24.it a firma di Andrea Spartaco)”.
E’ di oggi, invece, l’interrogazione presentata dal consigliere comunale Lazazzera al sindaco di Pisticci, attraverso la quale si chiede di attivarsi per dare risposte definitive e risolvere il caso mettendo a fuoco gli elementi di incertezza fino al punto di chiarirli oltre ogni ragionevole dubbio e stabilire se su marina di Pisticci c’è effettivamente un problema ambientale connesso in qualche modo con la filiera del petrolio o se, una volta tanto, si tratta di un fenomeno naturale di cui non avere alcuna preoccupazione.

Roberto D'Alessandro

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