Print this page

Il fotografo materano Luca Centola a Messina per A-Head con “Circuiti Sincronici”: mostra bipersonale con Giovanni Calemma

Mercoledì, 18 Agosto 2021

Si rinnova il sodalizio tra l’artista materano Luca Centola e A-Head Art Project per la nuova tappa del ciclo di appuntamenti che, lungo tutto il territorio nazionale, coniuga l’arte contemporanea con un messaggio dall’elevato valore sociale: combattere ogni forma di pregiudizio nei confronti della malattia mentale.

“Circuiti Sincronici” è il titolo della mostra bipersonale che, insieme a Centola, vedrà esporre in Sicilia il collega anglo-italiano Giovanni Calemma, con la curatela di Piero Gagliardi. Il progetto artistico A-Head, nato nel 2017 dalla collaborazione tra l’Associazione socio-sanitaria Angelo Azzurro Onlus e numerosi artisti del panorama nazionale e internazionale, sbarca così a Messina a partire da venerdì 3 settembre nella Chiesa di Santa Maria Alemanna (via Santa Maria Alemanna 48).

“La mostra fotografica Circuiti Sincronici è un itinerario di visioni che sembrano avere il potere di dilatare lo spazio e creare mondi assolutamente originali tramite la curiosità e la riflessione – spiega il curatore Piero Gagliardi – Nell’imponente cornice della chiesa di Santa Maria Alemanna Giovanni Calemma e Luca Centola presenteranno i loro ultimi lavori artistici: il primo svela, attraverso l’interazione tra immagine e musica, una nuova entità che non avrebbe avuto modo di rilevarsi se non adesso nelle forme astratte e criptiche delle sue opere. Centola, invece, rappresenta il silenzio romantico e desolante e il grido di rivalsa che oscillano nelle vedute delle fabbriche di archeologia industriale e negli sconfinati paesaggi delle saline di Margherita di Savoia – prosegue – Due percorsi stilisticamente diversi che incrociandosi in maniera sincronica riescono a ritrovarsi nell’unica strada percorribile: quella dell’arte”.

Nella sua Sinfonia Sincronica, Giovanni Calemma conduce una ricerca artistica che può essere legittimamente considerata un esempio particolare del pensiero junghiano all’arte a partire da quattro funzioni psicologicamente fondamentali: il pensiero ed il sentimento (atteggiamenti introversi), la sensazione e l’intuizione (atteggiamenti estroversi); ciascuna di queste funzioni consente, all’artista, un nuovo contatto ispiratore tra il rapporto uomo-natura e l’incontro con le sue forme. La serie di ritratti fotografici dell’artista anglo-italiano ha una sua forma introversa. L’incorporea leggerezza delle figure e la loro instabilità provocano l’effetto di bidimensionalità di una visione tutta mentale, non appartengono a questo tempo ma possono far parte di tutti i mondi possibili, non intendono celebrare niente, se non forse l’imprevedibilità della vita che "è quella cosa che non assomiglia a nessun’altra" (Celati). Con un occhio forse più da antropologo che da fotografo, l’artista ha intenzione di catturare immagini di situazioni, racconti minimi, che prendono forma sia da un pensiero intellettivo che cerca di comprendere la natura dell’uomo sia da una serie di emozioni che esercitano una forza incredibilmente potente sullo sviluppo estetico dell’opera. Insieme ai ritratti dialogano le opere delle serie “d-fense e Passages”: queste ultime sono l’espressione puramente estroversa di Calemma. L’artista basa le sue sensazioni sulla percezione di un rapporto sincronicistico con il mondo esterno che lo lega a luoghi o cose che incontra sul suo cammino perché marcano momenti particolari della sua evoluzione. Lo spiccato linearismo di queste opere esalta la dinamicità legata al divenire e all’apparenza mentre l’effetto materico spinge ad una valutazione tattile delle forme attribuendo all’unità compositiva diverse letture spaziali con alternanza di piattezza e tridimensionalità. L’insieme di tutti gli elementi presenti nei ritratti e nelle forme fa sì che ciascun’opera distribuisca un’energia equilibrata ed armonica nello spazio fino al raggiungimento di uno stato che Carl Gustav Jung potrebbe definire “entropico”. I lavori di Giovanni Calemma, tuttavia, non si fermano al film visuale/narrativo della fotografia ma sono arricchiti da composizioni musicali e letterarie che rendono tali lavori un percorso recettivo unico. Seppur lo spazio della mostra potrà sembrare anecoico, ogni opera è accompagnata da un decibel musicale che fuoriuscirà da essa rendendola un concentrato di stimoli sensoriali che risveglia spontaneamente emozioni, sentimenti e pensieri.

Per esprimere, invece, la forza e il fascino racchiusi nelle immagini di Luca Centola e della sua mostra dal titolo “Circuiti”, il curatore Gagliardi si affida alle parole della nota psicanalista junghiana Lella Ravasi Bellocchio: “Non si può vivere senza visione. Noi siamo tutti pazienti dell'immaginazione”. Sospese in una dimensione tanto magica e nostalgica quanto reale, le immagini fotografiche rafforzano, ancora una volta, la convinzione profonda che le potenzialità della fotografia stiano nella capacità visionaria e ossessiva di chi usa tale mezzo di espressione. Circuiti è una rivisitazione stilistica, e a volte ironica, di alcuni studi scientifici condotti dall’artista, fonte di ispirazione per la traduzione di determinati schemi fisico-matematici in istallazioni fotografiche. Le opere intitolate Macrocosmo e Microcosmo appaiono come un viaggio in cui l’osservatore è spinto a immaginare un percorso dall’immensamente piccolo (atomi) attraverso il mondo cellulare fino all’immensamente grande dei corpi celesti. Gli elementi rappresentati sono porzioni armoniose di archeologia industriale perché quello che conta qui è l’idea, il messaggio sottostante e non il dettaglio scientifico. Nell’installazione Microcosmo per mezzo di una lente di ingrandimento il fruitore può immergersi nell’esplorazione dei dettagli per poi arrivare alla visione totale nell’opera. Centola indaga il vuoto, la pausa, il silenzio nell’attesa dell’evento, entrando in risonanza con il luogo, lo fissa in un tempo indefinito di sospensione interiore che si manifesta all’esterno. Dalle sue fotografie risaltano dei raggi di luce che lacerano fisicamente e semanticamente luoghi socialmente abbandonati, mirando volutamente all’annullamento di ogni legame percettivo-visivo dell’osservatore con l’ambiente esterno al fine di “prepararlo” alla completa immersione sensoriale. Quest’ultimo si ritrova, quindi, coinvolto in un dialogo sul rapporto tra la dimensione dell’arte e la dimensione del sociale usando paradossalmente come ponte estetico il mondo della scienza. L’installazione dal titolo 32 (io sono fortunato) è uno studio che esplora le trentadue sfumature del grigio: dal bianco al nero. I due colori nell’arte hanno il potere di originare una rapida tensione, di creare “disorientamento”, non servono didascalie, non servono parole chiarificatrici; non occorre fare altro che lasciarsi investire dal puro messaggio affidato alla luce. Questi due colori sono “le estremità” dell’installazione cromatica: il bianco contiene tutti i colori e richiama l’idea di fusione e di luminosa unione; il nero è invece un’assenza di colore, e si lega dunque all’idea del buio, del vacuo, dell’assente, appunto.

Durante il vernissage del 3 settembre, saranno presentati due nuovi premi internazionali istituiti da A-Head in memoria di Giovan Battista Calapai e Theodora van Mierlo Benedetti, rivolti agli artisti under35, nonché il secondo catalogo di A-HEAD edizioni, Synphonic Synchronicity di Giovanni Calemma, con testi di Piero Gagliardi, Stefania Calapai, Robert Mercurio e Giovanna Carlo. Il ricavato della vendita di tutte le opere dal 3 al 16 settembre sarà devoluto a favore del Progetto di Responsabilità Sociale dedicato a Luca D’Attila per il sostegno alla disabilità.

E ancora, nell’ambito dello stesso progetto, spazio anche al confronto sulle tematiche care all’impegno della Onlus Angelo Azzurro: domenica 12 settembre dalle ore 11, infatti, il Palazzo della Cultura di Messina ospiterà il convegno dal titolo “Immagini dalla pandemia. Archetipi, traumi, visioni”, al quale parteciperanno medici, artisti ed esperti di fama nazionale e internazionale. Si consolida così la collaborazione solidale tra due categorie così diverse – quella degli operatori sanitari e dei rappresentanti del mondo dell’arte – ma allo stesso tanto vicine nelle potenzialità di sostegno e soccorso a chi verte in condizioni di bisogno e, nella fattispecie, a tutti coloro che vivono quotidianamente il dramma della malattia mentale. 

Ultima modifica Mercoledì, 18 Agosto 2021 11:56