Sabato, 20 Aprile 2024

La nostra storia. Frantoi di oggi e "trappeti" di una volta

Mercoledì, 17 Novembre 2021

Novembre. E’ tempo di raccolta e spremitura delle olive, per ricavare l’olio nuovo per le nostre case. Una operazione un po’ complessa e antica, da sempre curata a dovere e nei minimi particolari dai nostri agricoltori, per ricavare uno dei prodotti più essenziali per la nostra tavola e la nostra salute.

Il suo colore, il suo profumo, il suo sapore, la sua fragranza, tutte qualità che i nostri agricoltori conoscono a perfezione e che lo contraddistinguono. Avere una buona riserva di olio di oliva in casa, ha sempre significato una speciale “ricchezza” per le nostre famiglie, abituata da sempre alle cose genuine, appunto come questo frutto dei secolari e non, alberi dei nostri terreni.
Un rito, quello della spremitura delle olive, che in tempi attuali, viene praticato attraverso macchinari moderni che impiegano un breve lasso di tempo per la trasformazione delle olive a olio. Tutti i nostri frantoi (ora si chiamano così, una volta erano i “trappeti”), sono forniti di attrezzature speciali anche dal punto di vista della igienicità e buona riuscita della qualità del prodotto.
Tanti i frantoi moderni nell’abitato e nell’agro e quindi c’è solo l’imbarazzo della scelta nel preferire l’uno all’altro. A Pisticci centro, troviamo quello di Antonio Fuina, ora gestito da suo figlio Bernardo, ubicato in via Farini e l’altro in piazza Negrelli della ditta Panio, già fratelli Bitonto. Diversi invece, quelli sparsi nell’agro di cui ricordiamo il frantoio di Donato Panetta che fu della zia Anna Di Marsico a Coppo, e l’altro, di Franco D’Alessandro - subentrato al papà Giacomino, in località San Pietro. Al viale Ionio di Tinchi, quello di Giuseppe e Antonio Caruso “Naitello” e l’altro della ditta Carlino, mentre in Contrada Casinello registriamo il frantoio della ditta Marra e al bivio Marconia, quello della famiglia Viggiani.
Opifici tutti ben frequentati da agricoltori dell’agro, ma anche dei territorio limitrofi, evidentemente, grazie al buon nome che gli stessi si son guadagnato nel corso della loro attività. E la cosa non può che andare a loro vanto, come ottima rappresentanza del nostro territorio. Ma il nostro servizio verte anche nel far conoscere come si ricavava l’olio nei tempi passati, quando nei “trappeti” , esisteva una vasca circolare con 3 grosse ruote in pietra, che giravano trainate da un asino, frantumando le olive la cui pasta era raccolta in cosi detti “fisci” (contenitori in spago), allineati in presse manovrate a mano fino alla completa spremitura. Il liquido era raccolto in un contenitore, ed un addetto, usando un piatto di acciaio, dallo stesso, estraeva la parte superiore (olio). Era l’ultimo atto di una operazione complessa della speciale trasformazione.
Il primo collaudo per l’olio nuovo erano le fette di pane arrostite (fedda ross) nel camino che non mancava mai nei trappeti di una volta. Ma il vero collaudo avveniva in prossimità del Natale, quando nelle nostre case si friggevano pettole e cartellate. Tra i trappeti di una volta, ricordiamo quello di Michele Plati nella “pancia” del castello di Terravecchia, quello di Gaetano Laviola in rione Croci, Gaetano Cerabona a Corso Metaponto e, sempre a Corso Metaponto, Ciccio Musulin (Malvasi) e Titta Viggiani, mentre a via Vespucci c’era quello di Pelazzi e quello dei fratelli Michele, Francesco e Giovanni Cerabona, l’altro dei fratelli Coriglione a Contrada Coppo e Agneta a San Pietro.
Chiediamo scusa se ne abbiamo dimenticato qualcuno, attesa la difficoltà di reperire notizie e la lontananza da quei tempi. Auspicando comunque di aver fatto anche questa volta cosa gradita, per notizie di cui non tutti sono a conoscenza e che comunque fanno parte della nostra storia.

Michele Selvaggi

Ultima modifica Giovedì, 18 Novembre 2021 13:04

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