Giovedì, 25 Aprile 2024

Il moderno quartiere Portobello e altri di Marconia, la villa comunale di Pisticci con la strada che l’attraversa, la nuova zona sportiva con i campi da tennis dove si sono disputato incontri internazionali, i campi di Calcetto e più tardi il Palasport e la tendostruttura del tennis, oltre al grande spiazzo dove ha trovato posto il mercato mensile e la fiera del 12 agosto, ma anche la circonvallazione che unisce il Dirupo al resto della città. Tutte opere queste, figlie della terribile frana che la notte del 21 novembre 1976, in pochi minuti spazzò via gran parte del rione Croci. Senza quel disastro - uno dei più grandi della Basilicata -  come lo definirono i TG nazionali e altri notiziari che la mattina successiva riportarono in prima pagina l’avvenimento, tutte quelle opere e cambiamenti non si sarebbero mai verificati. Ma c’è di più, perchè la maggior parte degli scampati usufruì di suoli edificatori e contributi per costruire abitazioni a Marconia. Altri beneficiarono di alloggi popolari e tutti poterono vivere in spazi comodi e agevoli che prima non avevano.

In poco tempo, la zona colpita dalla frana  ritornò a vivere  grazie  all’impegno dell’Amministrazione dell’epoca, guidata dal Sindaco l’On. Nicola Cataldo che unitamente all’ing. Michele Leone, Dirigente Regionale, diedero vita ad una collaborazione fattiva i cui frutti significarono la rinascita di tutta la zona martoriata con la esecuzione di grandi opere, poi completate durante l’Amministrazione Michetti con la realizzazione del campo di calcetto e la circonvallazione, oltre alla messa in sicurezza  della parte sfiorata dalla frana.

Per fortuna non furono registrate vittime e questo anche grazie all’intervento del sindaco Cataldo, che con il suo coraggioso, ma anche caparbio e responsabile intervento – coadiuvato dall'allora Capo dell'Ufficio Tecnico geom. Michele Motta, dal Comandante dei VV.UU. Cap. Rocco Silletti e dall'assistente geom. Peppe Coriglione, il vice sindaco Antonio Calciano e l’Assessore Mingo Bellini - fino a pochi minuti prima della tragedia si prodigò, rischiando di persona come gli altri, a convincere i residenti restii ad abbandonare in fretta le case, dove erano nati e vissuti per una vita. Cataldo, residente di quel rione, conosceva tutte le persone che non volevano andare via. Li supplicò e alla fine, solo pochi istanti prima della frana, riuscì a convincerli. Una vera e propria corsa contro il tempo che comunque si risolse nel modo sperato.

Un vasto movimento franoso dal fronte di 4-500 metri, spazzò via tutto, segnando la fine di gran parte di quell'antico rione. Le prime luci dell'alba, mostrarono i resti di un disastro immane. Centinaia di case erano scomparse e altre danneggiate o miracolosamente rimaste in piedi. Una tragedia senza nessuna vittima. Una specie di miracolo (Qualcuno si ricordò del "legno santo" per tanti anni il simbolo cristiano della zona, ma anche della Madonna delle Grazie che si festeggiava proprio in quel giorno). Da quella tragica notte, ora sono trascorsi 46 anni. Un lungo spazio di tempo che comunque ha cambiato la storia, ma anche la geografia di tutta una zona, dando la possibilità a tante persone di quel rione, di mettere su, casa e famiglia e di realizzare qualcosa che forse mai pensavano di poter fare. Il tutto, nato dal disastro di una piovosa notte di autunno che comunque ci porta a pensare al sempre valido e antico detto: “Non tutti i mali vengono per nuocere”.

Michele Selvaggi

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