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'Si ponga fine al mediocre espediente della didattica a distanza'. Lettera aperta del prof. Malvasi ad istituzioni e stampa

Mercoledì, 25 Novembre 2020

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta indirizzata al presidente della Giunta Regionale di Basilicata, al presidente della provincia di Matera, ai sindaci dei Comuni del materano ed agli organi di stampa da parte del professore Francesco Malvasi, docente dell'Istituto Tecnico Agrario Agroalimentare di Marconia.

Per quanto di vostra competenza si sollecita un maggiore e fattivo impegno affinché si ponga fine al mediocre espediente della didattica a distanza che tanti danni ha arrecato alla comunità scolastica nel suo insieme con conseguenze non solo a carattere culturale ed economico ma anche psicologico. Alcuni dati ci aiutano a comprendere, se mai ce ne fosse bisogno, che uno studente su tre vive una condizione di malessere a causa e per l’allontanamento dalla scuola. La maggioranza dei docenti incontra serie difficoltà nell’esercizio delle sue funzioni, vuoi per l’inadeguatezza delle strumentazioni e mezzi messi a disposizione dalla scuola, vuoi inoltre per la confusione che è venuta a determinarsi sugli aspetti organizzativi interni e sul rapporto col territorio. In altre parole se non si pone fine alla didattica a distanza e non si ripristina quella in presenza, vi è il rischio concreto di accelerare il processo di “ignoranza di ritorno” di chi ha davanti a sé un lungo futuro e accentuare ulteriormente la disaffezione nei riguardi delle istituzioni pubbliche in generale e in modo particolare di quella scolastica; vi è di fatto un indebolimento, che ha raggiunto il culmine e che dura in verità da decenni, del rapporto fra il mondo del sapere e quello dei portatori del diritto allo studio; così come vi è in atto un pericoloso tentativo diseducativo a coinvolgere i giovani nella partecipazione attiva, nella elaborazione delle idee e nella critica. Secondo un’indagine ufficiale, il cittadino medio di trent’anni fa conosceva il significato di circa 6000 parole; oggi il cittadino medio conosce appena 500 parole. È un dato sicuramente allarmante perché ci dice di quanto sia mediocre il livello dell’istruzione nel nostro paese e come sia ridotta la proposta educativa e formativa della scuola pubblica ma anche, ovviamente, ancor di più di quella privata, con le dovute eccezioni.

Per amor del vero, in questo senso, vi è stato anche un contributo significativo di “distrazione di massa” da parte dei mass media e dei social network che il più delle volte sfugge, a tal punto che segmenti non trascurabili della società negano il metodo scientifico e l’insostituibile valore della scienza come strumento indispensabile per avere consapevolezza del proprio stato d’essere.

Se è vero che la pandemia ha messo a nudo tutte le contraddizioni del nostro modello sociale, comprese quelle della sanità e della scuola, è altrettanto vero che proprio a partire da quest’ultima, è necessario ripensarlo partendo da alcuni principi fondamentali della Costituzione italiana: il diritto al lavoro, il diritto allo studio ed infine, il diritto alla salute. Vi è, in altri termini, la impellenza di rimuovere i vincoli imposti dalle nefandezze della “aziendalizzazione” della scuola e della sanità al fine di ridare a queste il giusto valore che spetta ad ogni cittadino come portatore di diritti e di doveri.

Un’ultima semplice considerazione: continuare a gestire la scuola oggi e dopo il superamento della pandemia con mezzi, metodi, obiettivi e finalità ordinari, ovvero con ordinarietà nella straordinarietà e nell’emergenza, significherebbe contribuire ad un ulteriore impoverimento, morale e materiale della società; con il grave rischio in prospettiva di perdere o di affievolire le stelle polari del progresso e del benessere diffuso e generale del nostro Paese.

La presente, rivolta a chi indirizzo, vuole essere un semplice invito ad aprire una grande riflessione sull’istruzione e sulla scuola, non solo per recuperare il terreno perduto ma anche per porre le basi di un nuovo modello di sviluppo fondato sulla centralità dell’uomo come valore assoluto, in luogo della centralità del dio denaro.

I grandi della storia, a partire dai filosofi greci, hanno sempre sostenuto che la iniqua gestione della ricchezza materiale mal si concilia con il valore della vita, mentre il valore del sapere costituisce l’essenza stessa della civiltà.

Prof. Malvasi Francesco
ITAA di Marconia (MT)