26Aprile2024

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Petrolio a Pisticci: nessuno paga e nessuno controlla

Negli ultimi tempi il tema è stato assai ricorrente. E' stato uno degli argomenti toccati trasversalmente dai candidati locali nella recente campagna elettorale; se ne parlava in fila, davanti agli sportelli automatici delle Poste, con una carta prepagata in mano, quella del bonus idrocarburi. Più recentemente, il Comune di Pisticci, analogamente alle altre amministrazioni locali coinvolte, si è espresso con parere negativo rispetto ad una nuova richiesta di indagini e trivellazioni sul proprio territorio, quella pervenuta dalla Società inglese Delta Energy Ltd, relativa all’istanza di permesso di ricerca idrocarburi denominato “La Capriola”, che interessa una superficie intercomunale di 188,10 Kmq. Ma l'ultima parola spetterà al Ministero dello Sviluppo Economico, d'intesa con la Regione Basilicata. Il tema del petrolio, come un prezzemolo, è rispuntato tra le macerie del ponte che collega Craco Peschiera a Pozzitello di Pisticci, crollato il 22 febbraio scorso. Già nei primi commenti istituzionali, sia la Provincia di Matera che il Comune di Pisticci invocavano l'intervento della Regione per il ripristino della viabilità attraverso le risorse disponibili nel fondo delle royalties del petrolio.

Royalties: quelle non versate
La questione, quindi, ruota intorno a questa magica parolina, ma le cose non sono così scontate come potrebbe sembrare. Per capire meglio, Eni, che nel mercato fa la parte del leone, ha messo a disposizione un importante documento, il Local report 2012 “Eni in Basilicata” dove, innanzitutto, scopriamo che il petrolio in Basilicata non è solo Val d'Agri. Un'importante concessione di coltivazione in territorio materano è Serra Pizzuta, in quota Eni 100%, che si estende su complessivi 62,55kmq nel territorio di Pisticci comprendendo 29 pozzi, di cui 3 in produzione, 18 produttivi non eroganti, 2 destinati ad altro utilizzo, 6 potenzialmente utilizzabili per lo stoccaggio. Secondo i dati consultabili sul sito del Ministero, qui la produzione media annuale di gas e olio supera di poco rispettivamente i 23 milioni di metri cubi e i 21 milioni di kg. Troppo poco per poter trarre qualche vantaggio economico. Premesso che, secondo la normativa vigente, le royalties provenienti da attività in terraferma (calcolate in base ad un'aliquota del 7% per l'olio e del 4% per il gas) vengono corrisposte per il 30% allo Stato, per il 55% alle Regioni interessate e per il 15% ai Comuni in cui ricadono le attività di estrazione, la legge stabilisce che per quantitativi di prodotto che non superano le 20.000 tonnellate di olio e i 25 milioni di metri cubi di gas, le royalties non debbano essere versate. Motivo per cui, tra il 1998 e il 2012 il Comune di Pisticci ha incassato solo 447.058 euro (contro gli oltre 63 milioni entrati nelle casse comunali di Viggiano). Più in dettaglio, senza andare troppo indietro nel tempo, la presenza di pozzi di olio e gas sul territorio pisticcese ha fruttato rendimenti irrisori: 2.260 euro nel 2009, nessuna somma nel 2010, un picco di 7.132 euro nel 2011, per poi tornare di nuovo a quota zero nel 2012. Cifre ridicole.

Pisticci come Viggiano? No, però

Si dirà che il paragone con il Comune di Viggiano non regge ed in parte è vero visto che la Val d'Agri rappresenta oggi il più grande giacimento europeo in terraferma. E, infatti, nel lungo e dettagliato report leggiamo che “il Comune di Viggiano, oltre alla quota derivante dalla produzione, riceve una percentuale maggiore di royalty derivante dalla presenza del Centro Olio nel territorio comunale”. In realtà anche il Comune di Pisticci ospita un Centro di raccolta e trattamento olio e una Centrale gas. Il primo, entrato in produzione nel 1961 e allacciato a 8 pozzi, è situato a 10 km da Pisticci centro, in Contrada Pozzitello, e si sviluppa su un’area di circa 35 mila metri quadrati con una capacità nominale di trattamento dell’olio pari a 300 m3/g. Il Centro Olio telecontrolla 24 ore su 24 anche la Centrale Gas di Ferrandina e la Centrale Gas di Pisticci. Quest'ultima, entrata in produzione nel giugno 1964 e allacciata a 20 pozzi, si trova a circa 8 km dal paese e occupa un’area di circa 15 mila metri quadrati. Qui viene conferito anche il gas prodotto a Ferrandina che, dopo esser stato disidratato e condizionato, tramite compressione viene inviato a Snam Rete Gas. L'olio, invece, confluisce tramite condotte sotterranee al Centro Olio, viene separato da gas e acqua di strato, stoccato in appositi serbatoi e avviato tramite autobotti alla raffineria di Taranto. Ciò, nonostante anche il territorio di Pisticci, dal 2001, sia attraversato dall’oleodotto di proprietà della Società Oleodotti Meridionali - SOM (eni 70%, Shell 30%), una condotta di circa 137 km interrata ad una profondità compresa tra i 2 e i 7 metri, che trasporta in Puglia l’olio grezzo prodotto dal Centro Olio Val d’Agri; quello, per intenderci, sul quale il 9 marzo 2012 si registrò una perdita di greggio all'altezza di Bernalda. Ma eni assicura che l'oleodotto è continuamente sorvegliato e controllato e l'episodio sarebbe da collegarsi ad un atto doloso di danneggiamento ad opera di ignoti. Nonostante questo piccolo incidente, infatti, non vi sarebbe alcun dubbio che l'oleodotto sia da preferire al trasporto su gomma e, a dimostrazione di ciò, si legge: “Prima dell’entrata in esercizio dell’oleodotto Val d’Agri-Taranto, si sono verificati sversamenti di petrolio a causa di incidenti stradali occorsi alle autobotti dedicate al trasporto del greggio”. Intanto, l'olio estratto a pochi km da Bernalda continua a viaggiare tramite cisterna. Altre cisterne, invece, giungono direttamente da Viggiano a Pisticci, in Valbasento, con un carico di rifiuti pericolosi da smaltire.

Ambiente, Pisticci terra di nessuno
Se sulle quantità resta ferma l'obiezione di cui prima, la questione cambia parecchio quando, anziché analizzarla dal punto di vista economico e produttivo, la si analizza dal punto di vista dell'impatto sull'ambiente che qualsiasi attività di estrazione e trattamento di idrocarburi, grande o piccola che sia, produce, e dei rischi che essa comporta per la sicurezza delle persone e del territorio. Andando a spulciare il capitolo del report dedicato alle azioni di monitoraggio messe in campo per la tutela dell'ambiente, leggiamo di un grande progetto “unico in Italia e all’avanguardia in Europa per complessità, numero e modernità delle tecnologie impiegate” che prevede l'utilizzo di 5 centraline per la qualità dell'aria, 15 stazioni di rilevamento dell'attività microsismica, 4 centraline per il rumore, una rete di monitoraggio delle acque sotterranee e una del suolo e sottosuolo, una stazione di biomonitoraggio e un Piano d'azione per la biodiversità.   
Peccato che tutto questo dispiegamento di risorse e attenzioni non tocchi neanche marginalmente e in via residuale il Comune di Pisticci che dovrà ancora accontentarsi dell'unica stazione di monitoraggio per la qualità dell'aria, una centralina dell'Arpab ubicata nella Zona industriale.   
Eppure anche nel Centro Olio di Pisticci, il liquido di giacimento estratto subisce un primo trattamento attraverso il cosiddetto processo di idrodesulfurizzazione che serve ad eliminare lo zolfo contenuto nel petrolio, per addolcirlo. L'idrogeno solforato così prodotto, viene in parte immesso in atmosfera ed essendo un gas incolore, la sua presenza si percepisce solo dal suo caratteristico odore di uova marce. A contatto con l’aria, viene trasformato in massima parte in anidride solforosa, gas pericoloso anche se in misura minore rispetto all’idrogeno solforato, potenzialmente letale per l’uomo ad alcune concentrazioni, la cui tossicità è paragonabile a quella del cianuro.

Prospettive future
In realtà gli unici progetti che potrebbero riguardare in futuro il Comune di Pisticci sono quelli relativi alle attività di stoccaggio del gas nei pozzi esausti (esiste già una istanza di concessione – unica in Basilicata - presentata nel 2002 da Geogastock che si troverebbe nella cosiddetta Fase decisoria, quella che va dal decreto VIA alla conferenza dei servizi e all'emanazione del decreto ministeriale di conferimento) e a quelle di trivellazione off-shore, nel Mar Ionio, per le quali, tra l'altro, la legge non prevede quote di royalties da versare ai Comuni interessati.
Nel quadro così composto, dunque, sembrerebbe che la traiettoria definita 50 anni fa non subisca nessuna deviazione verso percorsi migliori di sviluppo sostenibile. Sembra che il destino di Pisticci sia quello di continuare ad essere sfruttata nelle sue viscere, senza che a ciò corrisponda un ragionevole vantaggio economico e una garanzia reale per la salubrità del territorio e per l'incolumità delle persone, cittadini e lavoratori, questi ultimi, in realtà, davvero pochi, visto che le attività estrattive non sono labour intensive ma capital intensive.  
Un destino segnato in parte anche dall'apatia e dallo scarso interessamento della popolazione locale, visto che qui non ha trovato terreno fertile e non ha attecchito neppure il cosiddetto Effetto Nimby (acronimo inglese per Not In My Back Yard, letteralmente "Non nel mio cortile"), che in altri posti in tutto il mondo, chiama a raccolta le comunità interessate per chiedere almeno maggiori controlli e compensazioni più laute.

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