Cia Basilicata: "Per sagre ed eventi affidarsi a consorzi di prodotti"
- Post 23 Agosto 2014
Di fronte però alle notizie diffuse sui finanziamenti "a pioggia" e in molti casi "disinvolti" assegnati è altrettanto evidente che si pone un problema di selezionare gli eventi evitando il loro proliferare e comunque di finanziare iniziative-manifestazioni meramente commerciali. Lo strumento della selezione è di facile individuazione: si tratta di affidare ai Consorzi-comitati di prodotto riconosciuti a livello istituzionale la titolarità della sagra in grado di coinvolgere i veri produttori.
E' questa la posizione della Cia lucana che evidenzia come per la Basilicata ci sono sei tipologie: bevande alcoliche e distillati, con un solo prodotto (liquore di sambuco di Chiaromonte); carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione, con 14 prodotti (il più noto è l'agnello delle Dolomiti Lucane); i formaggi con 13 prodotti (tra cui caciocavallo, pecorino, casieddo); prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati con 21 prodotti (dalle varietà di fagiolo al rafano); pasta fresche e prodotti della panetteria, biscotteria, pasticceria e confetteria con 23 prodotti (dalla strazzata all'ultimo ingresso u' pastizz rtunnar); prodotti di origine animale (miele, prodotti lattiero-caseari di vario tipo escluso il burro), con 4 prodotti (tra cui il miele lucano).
Dunque non dovrebbe essere difficile identificare le vere sagre da altro. La produzione di prodotti tipici – sottolinea Antonio Nisi, presidente della Cia - è importante per le varie zone della Basilicata perché è anche fattore di comunicazione della cultura e del paesaggio in cui questi sono inseriti. Per questo motivo dobbiamo lavorare per innalzare la qualità dei prodotti tipici che calati nel contesto degli agriturismi, alberghi, borghi albergo, ristoranti, musei della civiltà contadina, artigiani, commercianti consentono di proporre l'intero territorio, dando così vita ad una nuova filiera agricoltura-turismo-ambiente-cultura.
"La situazione – osserva la Cia lucana – è di estrema gravità. Ci troviamo di fronte a un immenso supermarket dell'agro-scorretto, del 'bidone alimentare', dove a pagare è solo il nostro Paese. E il danno, purtroppo, è destinato a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera tutela delle nostre 'eccellenze' Dop, Igp e Stg".
"Di fronte a questa 'rapina' giornaliera – continua la Cia – bisogna dire basta. Ma per mettere un freno al fenomeno dell'italian sounding e all'agropirateria globalizzata servono misure reali ed efficaci. Ecco perché ora bisogna fare qualcosa di più: il "made in Italy" agroalimentare è un settore economicamente strategico -osserva la Cia- oltre a rappresentare un patrimonio culturale e culinario che è l'immagine stessa dell'Italia fuori dai confini nazionali. Adesso servono misure "ad hoc" come l'istituzione di una task-force in ambito Ue per contrastare truffe e falsificazioni alimentari; sanzioni più severe contro chiunque imiti prodotti a denominazione d'origine; un'azione più decisa da parte dell'Europa nel negoziato Wto per un'effettiva difesa delle certificazioni Ue; interventi finanziari, sia a livello nazionale che comunitario, per l'assistenza legale a chi promuove cause (in particolare ai consorzi di tutela) contro chi falsifica prodotti alimentari. Per questo non c'e' piu' tempo da perdere, ora bisogna usare ''tolleranza zero'' nei confronti degli autori delle truffe e degli inganni a tavola''.