04Maggio2024

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Il Pd chiede il pass per la vittoria. Senza governabilità si guarda a Monti

Il Pd vuole vincere le elezioni politiche in una sfida che ha ancora una volta Silvio Berlusconi e la sua coalizione come antagonisti e per governare ha bisogno di un risultato netto. Il rischio che dall’urna esca un voto zoppo preoccupa gli uomini di Bersani, anche perché, in tal caso, occorrerebbe sedersi al tavolo con Monti e discutere un programma diverso da quello sottoscritto con la Sel di Vendola e gli altri alleati, un programma che, a quel punto, “avrebbe un prezzo enorme da pagare alle politiche sociali. Ecco perché il Pd e la sua coalizione hanno bisogno di presentarsi a quel tavolo essendo autosufficienti”. La lettura di una campagna elettorale ritenuta straordinaria per il futuro del Paese viene da Salvatore Margiotta, candidato Pd al Senato, che ha aperto giovedì sera a Marconia l’incontro con la cittadinanza di alcuni candidati e dirigenti del Pd, un dibattito che per la verità ha fatto registrare la presenza soprattutto di tesserati, nemmeno tanti, del partito e, in termini di numeri, ha deluso le attese. Le aspettative, quando si tratta di Pd lucano, sono sempre alte: é la classe di governo regionale da moltissimi anni, a Pisticci ha un’area elettorale di riferimento tale da permettersi un ballottaggio-derby e poi portava nella serata marconese quel Roberto Speranza che è segretario regionale di partito, capolista alla Camera e, tanto per capire il peso specifico dell’uomo nuovo made in Lucania, è apparso alla destra di Bersani sul primo palchetto utile a festeggiare la vittoria delle primarie. Un golden boy in odore di incarichi. Ecco perché un’assise così magra è fatto che fa riflettere. L’incontro, comunque, oltre a Margiotta, che lo ha aperto in attesa degli altri invitati assieme al segretario cittadino Rocco Negro e che ha avuto per questo maggiori opportunità per argomentare, è stato poi arricchito dalla presenza della presidente regionale del Pd Pasquina Bona, del segretario provinciale di partito Pasquale Bellitti e del candidato alla Camera Carlo Chiurazzi. A Speranza, in tempi risicati per l’obbligo di chiudere l’appuntamento entro le ore 21.00, sono toccate brevi conclusioni, giusto il tempo di ribadire l’importanza del voto utile, lo spessore del progetto Pd e la questione relativa alle alleanze. La disamina più ampia è stata quella di Margiotta, che ha passato in rassegna i concorrenti. Berlusconi non può ancora essere credibile dopo aver portato sull’orlo del baratro l’Italia, in un Paese normale non sarebbe stato ricandidato. Grillo, “che temo non avrà un consenso bassissimo”, incarna un malessere anche comprensibile, ma oggi il voto di protesta non basta. Idem per Ingroia. Monti, invece, è il premier che “abbiamo sostenuto con grande senso di responsabilità facendo un passo indietro per il bene del Paese. Oggi lo troviamo candidato da un’altra parte, sulla spinta di poteri forti legati alla finanza ed anche ad una certa area cattolica. Sorprende come adesso, in campagna elettorale, sull’Imu vada proponendo quello che gli proponevamo noi in parlamento e che lui riteneva essere inattuabile. Sa di non poter vincere ed è in campo per cercare l’accordo con noi. Ci sono componenti del mio partito che non vedono l’ora di fare questo accordo, ecco perché noi abbiamo bisogno di raggiungere l’autosufficienza sia alla Camera che al Senato”, altrimenti si rischia di dover pagare dazio in termini di programma e cedere troppo ai poteri della finanza internazionale. Il principale antagonista resta Berlusconi, il primo e più efficace esempio di una peculiarità tutta italiana che, nella lettura di Chiurazzi, è quella “delle rappresentanze politiche troppo legate ai profili personali. Il nome del leader suoi simboli – spiega – è una modalità che nelle democrazie estere non esiste”. Il Pd punta ad offrire qualcosa di diverso: “una politica di prospettiva”, un progetto che nasce da un gruppo e che ha voluto puntare sulle primarie. Pur avendo i favori del pronostico Il partito Democratico si dice consapevole di non avere la vittoria in tasca, tradisce qualche timore di troppo sulla rinnovata competitività berlusconiana, punta forte sul voto utile e, di fronte al rischio dell’ingovernabilità, scruta gli orizzonti.

 

Roberto D'Alessandro