06Maggio2024

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Il ruggito del coniglio

Come se mai nulla fosse accaduto. Come se scontrinopoli non fosse mai esistita. Come se il precedente governo regionale di centro sinistra non fosse andato a casa anzitempo per la questione morale. Come se la Basilicata fosse stata, in tutti questi anni, esempio di virtù ed efficienza di governo. Come se i suoi giovani, a differenza di quelli di altre regioni, non emigrassero alla ricerca di un futuro che qui non c’è. Come se questa fosse la terra dei balocchi e delle opportunità, davvero una California del sud.

Il centro sinistra, capeggiato dal Pd dei finti litigi (e Pisticci è l’esempio più lampante), vince a mani basse per l’ennesima volta la competizione elettorale regionale. Lo fa, ancora, con una fortissima supremazia di voti. Ma per la prima volta il Presidente della regione Basilicata è espressione della minoranza degli aventi diritto al voto. Una delle prime frasi del neo presidente Pittella ha riguardato proprio quei 53 lucani su 100 che hanno deciso di non recarsi alle urne. Saranno, ha detto, il suo pensiero quotidiano, occorrerà recuperare la loro fiducia. Vedremo, ma intanto quegli astenuti sono l’assicurazione sulla lunga vita politica sua (o di chi oggi si fosse trovato al suo posto) e della sua coalizione. S’era capito da subito che il crollo dei votanti avrebbe favorito lo status quo. Le rivoluzioni, il cambiamento, si fanno con gli altri. Si potevano fare con chi ha deciso di non esserci. Con chi ha ritenuto che la massima espressione del dissenso fosse restare a casa ed ha creato un partito di maggioranza assoluta con il solo piccolo problema che non sarà rappresentato e, presto, verrà dimenticato. Perché poi i conti si fanno con le percentuali dei voti validi e qualcuno sarà legittimato a ribadire che quel 60% è davvero una vittoria, tralasciando, invece, che Pittella è l’espressione del 25% degli aventi diritto al voto. Una percentuale bassa, ma proprio per questo molto più semplice da gestire e controllare, soprattutto se amministra da una vita la stessa parte politica che, grazie a successo e potere, ha un apparato immenso ed una folta schiera di clientes, tanto più che i bisognosi (e quindi i deboli) sono in crescita.
E’ un dato che deve far riflettere: alla fine la cattiva amministrazione della Basilicata, un elemento di partenza sul quale la maggioranza delle persone sembra concordare ad ogni tornata elettorale, ha creato l’effetto di allontanare la maggioranza dei lucani dalle urne, ma proprio questo aspetto ha favorito coloro che hanno le maggiori responsabilità di questa situazione. I numeri dicono che una protesta del genere non basta. E’ sterile. Sarà anche un modo per pacificarsi la coscienza, ma in fondo è una testata di struzzo nella sabbia. E’ un ruggito del coniglio.

Gli altri, tuttavia, non brillano per iniziativa. Ed anche questo è un elemento di forte responsabilità. E’ un fattore che induce il cittadino a restare a casa. Perché coloro che si propongono o sono percepiti alla stregua dei soliti governanti (d’altra parte scontrinopoli riguarda anche consiglieri di minoranza) oppure non vengono ritenuti competitivi o credibili.
Alla vigilia una vittoria del centro sinistra era da mettere in conto. Ad un certo punto è sorto pure il dubbio che la forbice si potesse ridurre. Pareva potesse esserci un po’ di incertezza in più sul risultato finale. Se così fosse stato le responsabilità della disorganizzazione delle alternative avrebbero avuto un peso specifico maggiore. I numeri, invece, sono scoraggianti se è vero che i voti di Di Maggio (Pdl ed accoliti) e Pedicini (M5S) fanno la metà di quelli di Pittella. Ma le responsabilità restano. In Di Maggio, in effetti, non credevano nemmeno quelli della sua coalizione, che conferma ancora una volta l’imbarazzante incapacità di mettere in piedi una proposta accattivante e competitiva. Accade così da tempo tanto immemore che viene sempre più difficile non porgere almeno orecchio a quella sorta di mito popolare che tutto spiega con la salvaguardia di un paio di postazioni nazionali come massima ed unica missione del Pdl lucano i cui dirigenti, invece di aspirare alle prossime salvifiche mutazioni, dovrebbero avere la dignità di farsi da parte una buona volta e per sempre.
Il Movimento 5 Stelle paga dazio al clamoroso autogol delle primarie vinte da Di Bello. Uno al quale è stato consentito di prendere parte ad una corsa (e vincerla), salvo poi ricordarsi di controllare la regolarità della sua patente alla fine del gran premio. Un fatto così bizzarro che viene quasi da sperare sia stato fatto in malafede, per evitare un giudizio troppo deprimente sui livelli di dilettantismo della creatura di Beppe Grillo, uno che dove parla fa ancora miracoli, ma quando agisce con troppo imperio inizia a contribuire alla decrescita dei consensi dei suoi ragazzi. Le dinamiche di una elezione regionale, peraltro, sono diverse dalla corsa per le politiche. Qui le persone contano ed anche le strategie. Quella dei duri e puri non può funzionare sempre e comunque. Anzi, già paga dazio anche in Parlamento, perché le persone chiedono risultati e concretezza.

Probabilmente una coalizione di movimenti, associazioni e civici avrebbe potuto portare ad un altro esito. Ma è mancata la volontà politica di provarci, tanto per via del “duropurismo” grillino quanto per l’inconsistenza e l’estemporaneità degli altri progetti, svaniti sul nascere. Sarebbe bastato aggregarsi? Forse no. Ma avrebbe potuto rappresentare una strada da continuare a seguire.

Niente premi per il percorso giovanile della Sel che aveva intrapreso una difficile corsa last minute in solitario. Scelta che, senza la disorganizzazione dell’ultima ora, la perdita di qualche compagno di viaggio e le telefonate kamikaze di Vendola avrebbe anche potuto fruttare qualche soddisfazione in più. Certo, poca roba. La beffa, poi, è nell’elezione di Romaniello: con i giovani lanciati nella corsa elettorale, delle strategie “coraggiose” di Sel beneficia giusto un uomo di esperienza.
Ma con i passivi rimediati dalle tre “alternative” alla solita minestra in salsa Pd vien pure da dubitare che il risultato non sarebbe cambiato in ogni caso. Certo, la mente torna a quel 53% di uomini e donne predati di entusiasmo e desiderio di partecipazioni, delusi e convinti della dimensione esclusivamente gattopardesca della politica. Il giorno in cui qualcuno saprà parlare ai cuori di questo popolo, peraltro in aumento, anche in Basilicata sarà possibile scalfire l’immutabilità di questo status quo. Grillo, qualche mese fa, a livello nazionale, aveva prodotto un effetto di questo genere. Poi, però, nei mesi successivi, la sensazione è che la galassia a 5 Stelle abbia perso smalto. In ogni caso, nella dimensione “amministrative”, quel modello non è competitivo, perché le leggi sono fatte per le coalizioni. Senza mettere almeno in parte in discussione alcuni dogmi cosa vuoi che #succeda? Succede che al massimo vanno in Consiglio due agitatori di scontrini. Forse oggi era tempo di battere un ferro caldo e coltivare aspirazioni più ambiziose.

Adesso tocca reinventarsi un percorso, una proposta, un barlume di alternativa da offrire a questa terra ed al suo popolo. Deve essere un progetto a lungo termine, ampio e privo di esitazioni. Che cerchi davvero di mettere radici. Un lavoro di qualche anno, non una soluzione fintamente pronta all’uso, magari preparata in due mesi, senza coesione, senza humus, senza convinzione.
Resto convinto che i lucani, nonostante tutto, vogliano ripartire da un’altra parte e che Pittella sia un vincitore di minoranza (che però governerà con i poteri della maggioranza). Solo che quest’altra parte ancora non c’è. Va creata, senza più illusioni, precarietà e prese in giro.
Un’alternativa è possibile, ma occorre scorgere la figura umana di qualcuno che davvero creda in qualcosa e che sappia contagiare entusiasmo e restituire alla speranza la sua “s” minuscola, la sua autenticità. Solo allora si potrà parlare a ragione di una vera #rivoluzionedemocratica e di un successo pienamente legittimato dal voto. Oggi, invece, se nonostante tutto, se dopo scontrinopoli, la mala politica e la cattiva gestione, rivince chi ha sempre vinto, se nemmeno adesso è l’ora di perdere un giro di valzer in questa Basilicata conservatrice, la vittoria è solo il frutto di una democrazia malata.

Roberto D'Alessandro