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La pianista Rita Marcotulli e il compositore Israel Varela rendono omaggio al grande cantautore napoletano a dieci anni dalla sua scomparsa
Cardiologi a confronto a Matera da giovedì 13 novembre per il Congresso “Il cuore nei Sassi 2025” che avrà luogo all’UNAHOTELS di Venusio, a partire dalle ore 12,30
“Lievito di speranza, dalla ferita alla fraternità responsabile”: è questo il tema della prossima Assemblea diocesana convocata da mons. Benoni Ambarus per sabato 8 novembre 2025, nell’Auditorium di Casa Sant’Anna a Matera.
L’Azienda Sanitaria Locale di Matera (ASM) partecipa attivamente alla II Edizione delle “Giornate Gastroenterologiche Materane”, appuntamento scientifico di rilievo nazionale in programma il 7 e 8 novembre 2025 presso l’UNAHOTELS MH di Matera, sotto la direzione scientifica di Berardino D’Ascoli. La registrazione dei partecipanti inizierà alle ore 13.30.
Ci sono storie che non finiscono mai. Alcune perché troppo grandi, altre perché qualcuno ha deciso che restassero sospese nel tempo. La storia che vi scrivo appartiene a questa seconda categoria.
Questa è una vicenda giudiziaria che ritengo di interesse pubblico e investigativo, per la sua durata, gravità e anomalia.
Esattamente quarant’anni fa, il 5/9 novembre 1985, il Tribunale di Matera dichiarava il Fallimento n.18/1985 dell’imprenditore edile Francesco Paolo Falcone, mio padre.
Oggi 5 novembre 2025, quella procedura è ancora aperta — nonostante il decesso di mio padre, avvenuto il 7 luglio 2017, e un patrimonio capiente che avrebbe consentito la chiusura già da decenni.
In quattro decenni si sono avvicendati tre curatori fallimentari e diversi giudici delegati.
Durante questo tempo:
• crediti rilevanti non sono mai stati incassati,
• beni sono stati alienati impropriamente,
• oltre un milione di euro di liquidità rimasto fermo per vent’anni sul conto della procedura senza che venissero eseguiti i riparti ai creditori,
• un rendiconto di gestione del curatore non è stato approvato,
• e nessuna chiusura della procedura è mai arrivata.
Il risultato è un ergastolo civile che ha attraversato una generazione, segnando un uomo, la famiglia, i creditori e oggi l’intero sistema giudiziario.
Può una giustizia “autonoma e indipendente” sopravvivere alla propria inerzia?
È un caso che interroga il funzionamento stesso della giustizia italiana: come può una procedura civile durare più di una vita umana, in violazione dell’articolo 111 della Costituzione che impone la “ragionevole durata del processo” e dell’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che “garantisce a ogni cittadino un processo equo e in tempi ragionevoli”?
Una vicenda tanto grave quanto ignorata, che trasforma un fallimento d’impresa in un fallimento della giustizia. Un caso in cui si ha la sensazione che qualcuno si sia servito della Giustizia invece di servirla, lasciando impunite l’inerzia, le omissioni e gli abusi.
La storia è documentata da atti ufficiali, consultabili e verificabili e rappresenta un esempio lampante di giustizia negata e tempi processuali infiniti in violazione dell’art. 111 della Costituzione e dell’art. 6 della CEDU.
“Quarant’anni dopo, la domanda resta: come può la Giustizia italiana impiegare quattro decenni per chiudere un fallimento, persino dopo la morte del fallito?”
Credo che questa storia possa trovare spazio in una vostra inchiesta o rubrica d’approfondimento: non solo per la sua durata record, ma per ciò che rivela del rapporto tra legge, potere e silenzio istituzionale.
Resto a disposizione per documenti, atti giudiziari e testimonianze che confermano ogni circostanza riportata.
Per chi è attento ai casi di mala giustizia questo è un invito a contribuire per riportare alla luce questa vicenda di abnorme durata e dare voce a questa anomalia giudiziaria che tocca principi fondamentali dello Stato di diritto.
Così con una nota Giuseppe Falcone