Giovedì, 02 Maggio 2024

La nostra storia. Quel pulpito che ha fatto la storia della chiesa e che da tempo non si usa più

Mercoledì, 22 Settembre 2021

Quel detto: “Da che pulpito viene la predica!”, come per dire: “Ma guarda chi parla!”, ci riporta indietro di decenni, quando la parola “pulpito” aveva un significato preciso e ci indicava quell’elemento architettonico che si notava sull’alto di una delle pareti della navata centrale, delle nostre chiese principali. Una piattaforma sopraelevata, appoggiata appunto ad una delle pareti laterali del tempio, fornita di scaletta e parapetto e destinata alla predicazione.

Struttura quasi sempre in legno occupante un paio di metri quadrati di area, da cui il prete di turno, recitava la sua predica, soprattutto in occasione di ricorrenze festive di cui era ricco il calendario. I nostri ricordi si fermano allo storico arciprete della parrocchia S. Pietro e Paolo, don Vincenzo Di Giulio, che si serviva del pulpito solo in occasioni particolari come per gli annunci straordinari di fatti legati alla attività della Chiesa e soprattutto al rito del “giovedì santo” che si concludeva con la toccante invocazione alla Addolorata: “Maria vieni a prendere tuo figlio”.

Dalle mani del sacerdote sul pulpito, infatti - molte volte uno dei francescani chiamati per la festività della Pasqua -  un crocifisso   posato tra le braccia della sconsolata madre di Gesù, portata a spalla nel tempio. Commozione generale che si concludeva con la benedizione in chiesa e che, praticamente, dava inizio alla 3 giorni finale della Settimana Santa. Rito parecchio sentito dai fedeli che gremivano la Chiesa Madre e che con trepidazione attendevano quel gesto dal significato particolare che partiva proprio dal pulpito.

Tra i vaghi ricordi di una nostra assidua presenza in quel tempio, lo spettacolare annuncio, da parte dell’Arciprete Di Giulio, della prima visita a Pisticci della madonna di Viggiano, intorno agli anni 50. Notizia straordinaria per i fedeli pisticcesi, da sempre devoti alla Madonna Nera, nostra ospite per una settimana intera, vegliata giorno e notte nella chiesa di Terravecchia e “del Convento”, come abitualmente veniva indicato il tempio di Sant’Antonio da Padova. Per l’occasione, da quel pulpito della Chiesa Madre, da parte di tale Padre Agostino, (francescano) l’annuncio della raccolta di “ben 80 mila lire (erano tanti, all’epoca) e oro”, frutto della devozione dei fedeli pisticcesi a quella che poi doveva diventare la “Regina della Lucania”.

Il pulpito di Chiesa Madre, fu utilizzato fino a metà anni 50 e quindi fino alla morte di don Di Giulio e che non ricordiamo della presenza di don Paolo D’Alessandro, ma neanche di don Michele, sul pulpito di S.Antonio. Ora i due “pulpiti” sono lì a simboleggiare un’epoca remota della sempre viva Chiesa pisticcese. Epoca che comunque - anche nel ricordo di quel “pulpito” -  fa sempre bene evocare, se non altro per il gran rispetto verso chi, clero e fedeli, non ha mai fatto mancare quella necessaria presenza di grande operosità cristiana. Che la nostra Chiesa meritava.

Michele Selvaggi

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