Lunedì, 13 Maggio 2024

Al fianco dei più giovani nella costruzione di un mondo di sostenibilità e rispetto ambientale.

“Chi ha inquinato e chi non ha controllato ora deve pagare in nome dell’ambiente e del popolo inquinato. La notizia della condanna di Eni, il più grande gruppo industriale italiano partecipato dallo Stato, per organizzazione di traffico illecito di rifiuti in un processo in cui siamo tra le parti civili – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – conferma quanto la nostra associazione denuncia ormai da tempo in Val D’Agri, in Basilicata, dove negli anni ‘90 è iniziato lo sfruttamento del giacimento on shore più importante d’Europa. Il territorio lucano, come quello siciliano, è stato ferito più volte da una insensata corsa al petrolio che mette a rischio l’ambiente e la salute dei cittadini. Nel 2017 con un nostro esposto penale presentato alla procura di Potenza, abbiamo chiesto di far luce sugli sversamenti di petrolio dal centro oli di Viaggiano di Eni, chiedendo l’applicazione della legge sugli ecoreati. Da tale esposto è partita un’inchiesta con l’arresto dell’allora responsabile dell’impianto e un secondo processo penale per disastro ambientale ancora in corso. Dopo la condanna arrivata ieri di Eni per traffico illecito dei rifiuti, torniamo ribadire l’urgenza di definire immediatamente in Basilicata una strategia d’uscita dal petrolio puntando ad una riconversione 100% rinnovabile del sistema energetico e procedendo con una dismissione graduale dei pozzi attivi per una transizione verso comparti produttivi moderni e sostenibili. Questa è la vera strada da seguire”.

Di questa strategia ad oggi non c’è, invece, traccia. Anzi: la situazione in Val d’Agri, dopo venti anni di estrazioni, è peggiorata dal punto di vista socio-economico, ambientale e sanitario, come sottolinea il Presidente di Legambiente Basilicata, Antonio Lanorte: “Gli impegni di Eni e degli altri grandi players petroliferi presenti in Basilicata non appaiono credibili o quantomeno sufficienti nell'ottica della sicurezza ambientale e sanitaria come non lo sono nella prospettiva di una progressiva ma necessariamente rapida decarbonizzazione dei processi produttivi. Le scelte strategiche di questi colossi appaiono ancora tutte proiettate verso l'espansione delle estrazioni di petrolio e gas, lasciando le briciole a prospettive alternative in particolar modo su rinnovabili e chimica verde”. Duro il giudizio del presidente di Legambiente Basilicata su quanto è emerso dalla sentenza di ieri:“In attesa degli ulteriori gradi di giudizio, le inchieste che hanno colpito in Basilicata l’Eni evidenziano, a prescindere dal loro esito, livelli di approssimazione, incuria e disprezzo per il pubblico interesse alla salute e all’integrità dell’ambiente, preoccupanti e inaccettabili, con una storica e conclamata indisponibilità a mettere in campo garanzie tecnologiche credibili”.

Quattro incontri on line che si svolgeranno nel mese di marzo, sono rivolti al mondo della scuola, delle associazioni e dei circoli ambientali, e incentrati sulle prospettive future dello sviluppo sostenibile.

Si celebra oggi la Giornata Mondiale delle Zone Umide, dedicata a tutte quelle zone “con acqua stagnante o corrente (dolce, salmastra o salata) – ivi comprese aree marittime – la cui profondità non supera i sei metri”, a ricordare il 2 febbraio 1971, quando venne firmata la Convenzione di Ramsar, che sancì l’esistenza proprio di queste zone.

Dal Rapporto emerge una Basilicata con troppe fragilità sociali, alcune "consolidate" fragilità ambientali, insufficienti risorse sociali e grande potenzialità di risorse ambientali con, ancora, gravi carenze e ritardi nelle politiche per l'ambiente.

È un quadro in chiaroscuro quello dipinto dal Rapporto Nazionale Territori Civili: Indicatori, mappe e buone pratiche verso l'ecologia integrale curato da Caritas e Legambiente

(https://www.legambiente.it/territori-civili-il-report-di-caritas-e-legambiente/).

Nell’anno del quinto anniversario dalla pubblicazione dell’enciclica “Laudato si” di Papa Francesco, che ha influenzato fortemente il dibattito sui temi ambientali, non solamente in ambito cattolico, la ricerca approfondisce il legame tra la dimensione ecologica di attenzione alla “casa comune” con la dimensione della povertà e del disagio sociale, acuita dalle conseguenze della crisi pandemica.

Il Rapporto presenta una notevole mole di dati statistici, che consentono di mappare il territorio italiano attraverso le connessioni tra fragilità e risorse, sociali ed ambientali. La ricerca si basa infatti sull’elaborazione di dati inerenti 40 indicatori sociali (20 legati alle fragilità e 20 legati alle risorse) e 30 indicatori ambientali (15 legati alle fragilità e 15 legati alle risorse), che permettono un’analisi complessiva del territorio nazionale attraverso il confronto tra le 20 Regioni.

 In base alla “performance” registrata da ogni regione per ciascuna variabile, è stato assegnato un punteggio che va da 1 a 20 per le risorse (dove il valore 1 corrisponde al peggior posizionamento, il 20 al migliore) e da -20 a -1 per le fragilità (anche in questo caso il valore più basso identifica la posizione di maggior svantaggio nella classifica nazionale). Sommando poi tutti i punteggi ottenuti, combinando insieme la dimensione sociale e quella ambientale e/o l’ambito delle fragilità e quello delle risorse, è stato possibile ottenere delle classifiche regionali che permettono di avere un quadro d’insieme del nostro Paese.

Da uno sguardo complessivo emerge che la lettura combinata delle fragilità sociali ed ambientali colloca la Basilicata al 13° posto (mentre la Campania, prima in questa classifica negativa, è la Regione con la peggiore performance e il Trentino Alto-Adige, 20°, è la Regione con il migliore risultato). Quindi in questa classifica solo 7 Regioni hanno risultati migliori della Basilicata.

Invece la graduatoria relativa alla combinazione delle risorse ambientali e sociali colloca la Basilicata al 17° posto (qui la migliore è la Lombardia, prima, mentre la peggiore è il Molise, 20°). In questo caso, pertanto, emerge che 16 regioni italiane hanno risultati migliori della Basilicata. Ma andando ad analizzare più in dettaglio i dati si scopre che in queste classifiche un peso rilevante, in senso negativo, è fornito soprattutto dagli indicatori sociali. Infatti la lettura combinata di risorse e fragilità sociali colloca la Basilicata in un infelice 16° posto nella classifica nazionale e un saldo ampiamente negativo (tante fragilità, poche risorse), in linea, peraltro, con tutto il Mezzogiorno e le Isole, mentre la combinazione di risorse e fragilità ambientali attesta la Basilicata in 8a posizione, con un lieve saldo positivo (+4 punti), prima tra le regioni del Sud. Da quanto si evince all’interno del Rapporto appare quindi evidente che le fragilità sociali della Regione (bassa intensità lavorativa, 10,8% di tasso di disoccupazione che supera la media nazionale, alto numero di giovani Neet non inseriti in percorsi lavorativi o formativi pari al 28.9%, reddito pro-capite fortemente al di sotto della media nazionale pari a 13.483 € e forte indice di disuguaglianza dei redditi, saldo migratorio altamente negativo, ampia fascia di popolazione colpita da una o più malattie croniche e lunghissima durata dei procedimenti civili in ambito giudiziario che si attesta a 765 giorni) rappresentano una vera e propria zavorra, a cui si aggiungono molti aspetti negativi sul fronte delle risorse sociali (in particolare: reddito medio disponibile pro capite; bassa quota del Fondo povertà del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; bassa incidenza dei percettori del Reddito di Cittadinanza sul totale delle persone gravemente deprivate; Barriere fisiche e accessibilità scolastica) che inevitabilmente ridimensionano quelli più positivi: numero di startup innovative, elevata disponibilità economica nel contrasto alla povertà attraverso i fondi PON inclusione, buona incidenza di anziani over 65 trattati in assistenza domiciliare integrata, buon rapporto percentuale tra la popolazione di età under 35 e la popolazione totale.

I dati sulla dimensione sociale collocano la Basilicata agli ultimi posti nella classifica delle fragilità sociali (solo 6 Regioni hanno dati peggiori) dove comunque la Basilicata fa meglio del resto d'Italia in alcuni, benché pochi, aspetti (sfratti per morosità; mortalità per tumori; consumo di farmaci antidepressivi). Anche nella classifica totale delle risorse sociali la Basilicata è in fondo (solo 4 regioni vanno peggio).

Il forte squilibrio in ambito sociale non è peraltro sufficientemente compensato dalle buone prestazioni che la Basilicata fa registrare nella dimensione ambientale. La differenza fra risorse e fragilità ambientali, vede la nostra Regione con un saldo positivo, dovuto soprattutto, per quanto riguarda le risorse ambientali, alla forte presenza di agricoltura biologica, alla larga percentuale di aree protette sulla superficie totale del territorio (19,2%) e al dato positivo riguardante il numero di interventi finanziati per il contrasto al rischio idrogeologico; tali dati positivi, però, sono affiancati anche da diversi elementi negativi nell'ambito delle risorse ambientali (quantità di rifiuti organici avviati al compostaggio e rifiuti speciali recuperati; numero di imprese che effettuano eco-investimenti; numero di occupati in campo ambientale; numero di imprese con certificazione ambientale) e alcune "consolidate" fragilità che emergono all’interno dell’analisi quantitativa effettuata nel Rapporto: elevato numero di reati legati al ciclo del cemento, il primato nazionale nella dispersione idrica (il 56,3% dei volumi immessi in rete), un' elevata porzione del territorio esposto al rischio frane (19,4% della superficie), una consistente superficie di siti contaminati da bonificare. Tuttavia nella graduatoria delle fragilità ambientali solo Molise, Valle d'Aosta e Trentino Alto-Adige vanno meglio della Basilicata che ha migliori performance rispetto alla maggior parte delle altre Regioni nella produzione pro-capite di rifiuti urbani e nella produzione di rifiuti speciali e pericolosi, nella percentuale di consumo di suolo (che comunque è in forte aumento), nei reati contro la fauna, nei reati ambientali espressi in valori assoluti (tranne che nel ciclo del cemento), nell'uso di fitofarmaci.

È opportuno però precisare che l’analisi dei fattori ambientali riportati all’interno del Rapporto nazionale non comprende le specificità regionali (per esempio in Basilicata l'impatto delle estrazioni petrolifere), dal momento che non è possibile ricavare su aspetti specifici dei dati omogenei e validi per tutte e venti le Regioni d’Italia.

Tuttavia è evidente che la Basilicata ancora oggi, conserva un vantaggio competitivo rispetto a molte regioni italiane in termini di elevata dotazione di infrastrutture ambientali e basso impatto antropico. Sulla base di quanto esposto all’interno della rilevazione di Caritas e Legambiente, si possono trarre numerosi spunti di riflessione sulla nostra realtà regionale che, pur soffrendo di problemi strutturali sul piano sociale e ambientale, può ancora uscire da una situazione di difficoltà raccogliendo la sfida dell’investimento massiccio sulle risorse presenti al proprio interno. Le risorse ambientali e sociali della Basilicata possono e devono rappresentare il faro degli interventi volti a spezzare le forti difficoltà che si evincono sul territorio lucano. Una programmazione attenta e puntuale delle energie presenti in Regione è quanto mai necessaria, per permettere alla Basilicata la realizzazione di una vera e propria svolta sul piano sociale ed ambientale. A partire dalle potenzialità ancora inespresse, legate in particolare alla diffusione di nuove attività economiche green, che abbiano come protagoniste le giovani generazioni, sia per quanto riguarda le vocazioni locali sia per i necessari interventi di risanamento e riqualificazione di aree, reti e servizi.

 

Antonio Lanorte Presidente Legambiente Basilicata

Anna Maria Cammisa Direttrice Caritas Matera

Michele Basanini Direttore Caritas Potenza

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